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mercoledì 25 Settembre 2024
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Imprese culturali a rischio default: «Salteranno posti di lavoro»

Rischio tilt per le aziende culturali. A mettere in ginocchio il settore la pandemia prima e l’aumento dei costi dell’energia ora. A lanciare l’allarme, che si aggiunge a quello di tutto il sistema produttivo della Regione e del Paese, il coordinamento “Produzione Culturale” della Slc Cgil Lecce-Brindisi. «La crisi dell’energia comporta la contrazione dei consumi culturali. E quest’ultima sta mandando in tilt le imprese della filiera dell’economia emozionale. Una crisi che si innesta su quella profonda che sta vivendo Apulia Film Commission, straordinario ma perfettibile volano del comparto». Si tratta, secondo la Slc Cgil, di «un combinato disposto che può mandare ko decine di migliaia di posti di lavoro in tutta la regione». Si parla di una platea di 13 mila imprese e di 55 mila lavoratori (a vario titolo: dagli artisti, ai tecnici, agli addetti alla logistica) che rappresentano il 4,3 per cento della forza lavoro impiegata in tutta la Puglia nei vari settori produttivi. Secondo il sindacato la crisi «può risolversi soltanto con il coinvolgimento di tutti gli attori in campo: enti locali (tutti, soprattutto i più piccoli), autori e maestranze». Una impostazione che la Slc Cgil ha presentato un documento «aperto ai contributi di tutti i soggetti della filiera», consegnandolo idealmente al nuovo Consiglio di Amministrazione di Apulia Film Commission appena insediatosi dopo le roventi polemiche che hanno investito i vertici.

Il Slc Cgil Lecce-Brindisi si dice «fortemente preoccupato per la crisi di contesto e lo scenario drammatico determinato dall’emergenza dei costi energetici. Nel corso di una recente assemblea congressuale, gli operatori del comparto delle province di Lecce e Brindisi hanno denunciato le enormi difficoltà di remunerazione dei lavoratori, dovute anche ai forti ritardi nella gestione e certificazione dei finanziamenti. Una tempistica che sta costringendo le imprese a esporsi e indebitarsi, anche a causa dello stallo che ha attraversato in questi mesi Apulia Film Commission. E non solo: pesano pure disciplinari poco funzionali alle varie mission della Fondazione e dei fondi europei dai quali essa attinge. Una situazione che sta rendendo molto complicata l’esistenza delle piccole e medie imprese che caratterizzano il settore regionale e che ha iniquamente favorito le grandi imprese nazionali a causa di meccanismi premiali inadeguati e squilibrati».

Dal sindacato segnalano che l«e province di Lecce e Brindisi contano diverse centinaia di addetti ai lavori, afferenti anche a strutture come il parto multimediale (Cetma) ed i centri di formazione tematici di Lecce, oltre che la maggioranza dei soci della Fondazione AFC tra i Comuni non capoluogo. Proprio quei Comuni che dovrebbero legittimamente essere i protagonisti delle scelte strategiche della Fondazione, ma che finora hanno continuato a versare le quote di partecipazione senza alcuna certezza di riscontro. Proprio per dare più certezze, Slc Cgil propone un cambio di posizionamento dei Comuni non capoluogo, con una modifica dello Statuto. Il sindacato propone di mettere in campo le migliori idee per ridisegnare un sistema che rischia di non essere all’altezza delle sfide del futuro. E apre al confronto attraverso un documento aperto, partecipato ed affinato insieme agli enti locali, alle imprese produttive, agli esercenti del cinema, alla filiera delle pmi turistiche. E con il protagonismo attivo di autori e ai lavoratori del comparto».

Vincenzo Bellini, presidente del Distretto creativo pugliese spiega: «Il dato più importante, per cui i nostri lavoratori sono a rischio, riguarda la contrazione dei consumi delle famiglie che devono scegliere se pagare la bolletta o mandare i figli al cinema o a teatro o a fruire di uno spettacolo. Sicuramente ci sarà una contrazione della spesa, tant’è che nell’ultima parte del 2022 e l’inizio del 2023 andranno in scena solo le attività programmate prima dell’estate o recuperi del 2020 perché le stagioni subiscono e subiranno contrazione dell’offerta perché non c’è una domanda da soddisfare».

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