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domenica 1 Settembre 2024
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Incendio nel Parco Otranto-Leuca, lo sfogo di Coluccia: «Ambiente non tutelato»

Ha voluto aspettare qualche giorno prima di pronunciarsi Oscar Coluccia, il presidente della Protezione civile di Marittima. La sua squadra, insieme alle altre, ha dovuto combattere per molto tempo le fiamme che hanno distrutto, lo scorso sabato, circa 120 ettari di macchia mediterranea nel Parco Costa Otranto-Santa Maria di Leuca e Bosco di Tricase.

E in un lungo intervento lontano dal clamore mediatico della notizia, Coluccia, oltre a spiegare alcune cose, si è sfogato denunciando l’assenza di cura e tutela dell’ambiente di molte cittadine e cittadini.

«Nei numerosi incontri con i Servizi comunali di Protezione Civile (da ultimo quello tenutosi ad Andrano lo scorso 29 giugno) – ha sostenuto Oscar Coluccia – ho sovente sollevato l’attenzione delle autorità sul problema delle aree classificate come “ad alto rischio”; la stessa cosa, del resto, fa il Volontariato di Protezione Civile, da buona “sentinella” del territorio qual è.

Via del Mito, zona Botte, via Litoranea, Via vecchia Lecce (nel comune di Andrano), zona Scarpe, Marina dell’Aia, Torre Lupo, zona Tutt’Osse (nel comune di Diso), Via Ortelle-Spongano, Capriglia Alta, zona Capriglia Bassa, zona Cave, zona Canali (nel Comune di Ortelle); quelle citate sono solo alcune delle aree a maggior rischio, che puntualmente ogni anno sono oggetto di interventi antincendio “importanti”, nel corso dei quali qualsiasi tipo di intervento – da terra o aereo – risulta poco risolutivo a causa dell’elevata velocità di propagazione del fronte fuoco e dell’altezza delle fiamme (il cui sviluppo avviene in maniera così repentina da non consentire un rapido attacco diretto al fuoco), che costringono gli operatori a fare ricorso a una più lunga e complessa strategia di attacco “indiretto”, la quale necessita di un periodo assai maggiore per la completa estinzione dell’incendio».

A rendere difficili le operazioni di spegnimento degli incendi e messa in sicurezza delle aree coinvolte nei roghi è la presenza di rocce affioranti e terrazzamenti ma, tra aumento del costo di manodopera, carburante e diminuzione di risorse umane specializzate nelle attività agricole, «si comprende facilmente come, il più delle volte, i costi di messa in sicurezza dei fondi siano di gran lunga inaccessibili per la stragrande maggioranza dei proprietari dei fondi. Un discorso simile vale anche per i terreni di proprietà degli enti locali, che, non di rado, versano in stato di abbandono.

Se da un lato – ha proseguito Coluccia – le esigue risorse a disposizione dei Vigili del fuoco non permettono un intervento immediato a fronte delle numerosissime richieste che, quotidianamente, pervengono nelle sale operative, dall’altro assolutamente sproporzionato (rispetto alle effettive forze in campo) appare lo sforzo richiesto al sistema di lotta attiva agli incendi, che fa perno sulla componente del Volontariato di Protezione civile (la quale dovrebbe operare come supporto alle istituzioni, e non come “prima partenza” su tanti, troppi interventi!). Negli ultimi giorni si è nuovamente assistito a una sorta di “caccia al colpevole” che ha visto scendere in campo da un lato i cittadini e dall’altro le istituzioni che devono provvedere a cercare delle soluzioni concrete alla piaga degli incendi; fuori da false ideologie e facili giudizi, tuttavia, il vero problema è “semplicemente” la cultura, o meglio la mancanza di essa. Non ci sono la cultura della Protezione Civile – ha dichiarato il presidente della Protezione civile di Marittima –, la cultura della prevenzione, la cultura dell’aiuto e del sostegno al sistema; manca quell’anello indispensabile del servizio nazionale di Protezione civile rappresentato dal libero cittadino, che concorre (o meglio dovrebbe concorrere) insieme a tutte le altre forze in campo alla salvaguardia dell’uomo, degli animali, dei beni e dell’ambiente».

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