Home Cronaca Inchiesta sanità: fuori tutti per fare posto alla Pma di Muro Leccese

Inchiesta sanità: fuori tutti per fare posto alla Pma di Muro Leccese

Sotto la lente degli investigatori in queste ore c’è anche l’autorizzazione negata ad un centro privato di Procreazione Medicalmente Assistita (Pma) di Nardò, per “fabbisogno saturo” (questa la motivazione) mentre, sempre nello stesso periodo e a firma dei medesimi dirigenti del diniego, analoga autorizzazione è stata invece accordata ad una struttura di Muro Leccese, e precisamente a “I Giardini di Asclepio”, il cui immobile è di proprietà dell’ex senatore ed ex assessore regionale Totò Ruggeri, da giovedì agli arresti domiciliari per ordine del Gip di Lecce Simona Panzera.

Ma andiamo con ordine. La struttura cui è stata negata l’autorizzazione “per fabbisogno saturo” è la “Tecnomed Centro Medico Biologico”, il cui gruppo opera nel settore della sanità privata da circa 40 anni, con un centro a Nardò e altri due in gestione a Roma e Ancona. L’attività del gruppo, sorto nel 1984 col professor Lamberto Coppola, venne formalmente autorizzata nel 1986 dapprima come centro di Criobiologia e Fisiopatologia della riproduzione umana e successivamente di Procreazione Medicalmente Assistita di I e II Livello omologa ed eterologa. Con la legge 40/2004 furono introdotte diverse restrizioni operative, legate soprattutto alle tecniche eterologhe e a quelle di II livello, ragion per cui Tecnomed rinunciò al II livello, mantenendo però attivo il I livello nella sede di Nardò ed erogando invece il II livello presso le altre due sedi di Roma e Ancona, tra l’altro con notevoli risultati di carattere scientifico: da tempo, infatti, è partner di ricerca dell’Università del Salento ed è sede di stage formativi pre e post laurea.

Censita nel Registro Nazionale PMA presso l’Istituto Superiore di Sanità, è certificata dalla Società Italiana di Andrologia come centro per la diagnosi e terapia dell’infertilità maschile. Risulta anche uno dei primi centri italiani ad essere stato autorizzato come Banca del Seme destinata alla preservazione della fertilità. A seguito della modifica della legge 40/2004, Tecnomed avanzò in Regione una nuova richiesta il 20 marzo 2019 per riottenere, nella sede di Nardò, le prestazione di II livello, il tutto senza alcun costo a carico del servizio sanitario regionale, non essendo la struttura né accreditata né convenzionata con il servizio sanitario nazionale.

E, però, a differenza della Regione Lazio e delle Marche, dove l’iter autorizzativo è stato pressoché immediato, a Bari il procedimento si è subito arenato, e dopo ben 350 giorni tra ritardi e solleciti, il 06 marzo 2020 è arrivato il parere negativo per “fabbisogno saturo”.

Secondo la nota regionale infatti nel territorio c’erano già altri due centri Pma, uno privato, presso una clinica di Lecce e l’altro pubblico presso l’ex ospedale “Sambiasi” di Nardò. Nel frattempo, però, per la combinazione di alcuni eventi occorsi nell’arco di quei 350 giorni di silenzi, si era di fatto modificato lo scenario amministrativo del fabbisogno territoriale salentino: in particolare, la legge regionale numero 52 del 30 novembre 2019 aveva stabilito che i centri di Pma ubicati negli ospedali di II livello dovessero essere esclusi dal calcolo del fabbisogno territoriale (preoccupazione tra l’altro inutile perché in quel momento, e ancora oggi, non c’è alcun centro di Pmaattivo in strutture ospedaliere di II Livello. E non è tutto. Il 19 febbraio 2020 la direzione strategica della Asl salentina chiedeva alla Regione di trasferire il Centro Pma pubblico “Sambiasi” di Nardò, presso il “Vito Fazzi” di Lecce, ospedale questo di II livello. Il 02 marzo 2020 (e cioè 4 giorni prima del diniego a Tecnomed) una delibera regionale sopprimeva intanto il Centro Pma “Sambiasi” di Nardò e lo trasferiva al” Vito Fazzi” di Lecce (trasferimento avvenuto, sin qui, solo sulla carta) liberando così il fabbisogno nell’ambito territoriale di Asl Lecce. La Regione, a questo punto, pur avendo già espresso parere negativo in ordine alla domanda di Tecnomed presentata nel 2019, comunicava alla stessa che (per effetto dei suddetti atti deliberativi) avrebbe potuto presentare al Comune di Nardò una nuova istanza di autorizzazione per il II Livello. Cosa che Tecnomed ha fatto, confidando ovviamente nella “terzietà” della pubblica amministrazione, e sebbene in quel momento la sua fosse l’unica domanda presentata, ha abbandonato il vecchio procedimento, presentando (come appunto suggerito dagli stessi uffici regionali) la nuova istanza.

Nel frattempo però, guarda caso proprio nello stesso arco temporale, la società “I Giardini di Asclepio” presentava analoga domanda per Muro Leccese, che, con atto dirigenziale del 19 novembre 2021 veniva accolta, con provvedimento anche qui firmato dagli stessi dirigenti del diniego a Tecnomed, che nel frattempo si vedeva rigettata pure la seconda istanza, stavolta “per motivi di localizzazione”, sulla base per l’appunto del regolamento regionale modificato mesi prima. Saranno state tutte mere coincidenze? Nel rispetto del dettato costituzionale della presunzione di innocenza sino al giudizio definitivo di condanna, è compito della magistratura trarre le conclusioni.

Intanto Tecnomed, attraverso l’avvocato Bartolo Ravenna, ha presentato ricorso dinanzi ai giudici amministrativi, ed è proprio da lì, dalla disamina delle carte, che sono emerse le anomalie degli atti impugnati, tutti, come detto, a firma degli stessi dirigenti regionali. Dal procedimento innanzi al Tar è emerso pure che lo stabile in cui è stata autorizzata la struttura sanitaria “I Giardini di Asclepio” è di proprietà della società “TO.MA. srl” il cui amministratore e socio di maggioranza è l’assessore regionale in carica all’epoca dei fatti Totò Ruggeri, e che il tecnico fiduciario incaricato della presentazione della domanda è il nipote dell’ex assessore oltre che figlio di altro ex assessore regionale.

Al netto di tutto, a fronte dell’enorme richiesta di prestazioni di Pma in conseguenza del calo delle nascite anche in terra di Puglia, rimane comunque il fatto e l’amarezza di dover constatare che, se non proprio favorire, la politica pugliese avrebbe dovuto quantomeno non ostacolare l’erogazione di dette prestazioni (sia nel pubblico che nel privato) proprio per non deludere le aspettative di centinaia di coppie costrette a spostarsi in altre regioni d’Italia, a proprie spese, spinte soltanto dal legittimo desiderio di avere un figlio.

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