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Strascico polemico post Salento pride, LeA bacchetta

Strascico polemico dopo il Salento pride. “LeA – Liberamente e Apertamente” spiega le ragioni dell’assenza. In primis chiariscono che nel Pride tutti credono fortemente: «Crediamo nello spirito di rivolta, nella creazione di contrasto, nella piena autodeterminazione, nella resistenza alle imposizioni sociali che ci vogliono asservitiəal sistema ciseteropatriarcale e capitalista e nella decostruzione costante dei ruoli di genere imposti».

E poi il però. «Dopo assemblee intere di discussione e dopo aver ponderato e soppesato a lungo ogni decisione, siamo giuntiəlla conclusione che il Pride così pensato non ci rappresenta». Perché? Innanzitutto il Salento Pride – con Lecce Pride, Brindisi Pride, Taranto Pride – è un marchio registrato e questo è contrario ad ogni principio associativo e di azione politico-sociale sul territorio di LeA.

Secondo l’associazione «il Pride dovrebbe essere un momento di lotta e condivisione intersezionale, un momento di rivendicazione e libertà d’espressione per tutti; non un evento pubblico gestito in maniera quasi commerciale ed esclusiva, basato di fatto su dinamiche di potere volte a metterlo “a valore” per pochi. Poco conta poi se quei pochi sono le stesse organizzazioni e apparati che hanno interesse a rappresentare la comunità LGBTQIA+. Il Pride è un luogo collettivo, un camminare insieme con chiunque desideri manifestare contro il sistema eteropatriarcale.

Pertanto il fervore organizzativo dovrebbe partire dal basso ed in condivisione fra quanti ne abbiano il desiderio e non, invece, sulla base d’una convocazione (rivolta peraltro solo ad alcune realtà, escludendo chi non fosse esclusivamente LGBT, in barba ad ogni valore d’intersezionalità (invocato nel Manifesto Politico) che stabiliva a monte condizioni di accesso e partecipazione, operative ed economiche, che di fatto hanno operato in una modalità escludente». LeA riferisce che alle realtà non aderenti, dietro donazione minima, non è stato permesso di portare il proprio interventi. E poi le assenze importanti nella sigla utilizzata nel documento politico: LGBTI+. «Per LeA, l’assenza di due lettere come la Q e la A, soprattutto nel momento storico che stiamo vivendo nell’attivismo italiano (e non solo), è assolutamente degna di nota ed è sicuramente da contestare. Non condividiamo infatti la diffusa convinzione semplicistica che la parola queer non sia altro che una sorta di “riassunto” delle varie identità; anzi trattarla come tale, a nostro avviso, comporta la rimozione di quell’attivismo “anti-istituzionale”, non “mainstream” che spesso chiede a buon diritto di essere menzionata a parte, non riconoscendosi nel binarismo di cui sono ancora portatrici le sigle LGB».

Insomma, per LeA si è il Salento pride appena concluso è stata un’occasione persa, che non aiuta a rafforzare la comune lotta per i diritti.

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