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venerdì 25 Ottobre 2024
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Xylella, lo studio di Confagricoltura: «Persi 33 mila posti di lavoro. Come se chiudessero tre Ilva»

È come se avessero chiuso l’equivalente, in termini occupazionali, di tre ex Ilva di Taranto. I posti di lavoro persi nell’olivicoltura pugliese, stando ai dati di Confagricoltura, sono 33 mila in otto anni. Da quando, cioè, la xylella ha fatto la sua comparsa sugli arbusti.

Il dramma del Salento
Oggi ha colpito 150 mila ettari di oliveto nelle province di Lecce, Brindisi e parte del tarantino. «Arriviamo a questo dato facendo un conteggio sulla base delle ore di lavorazione che richiedono gli impianti di olivi – spiega Luca Lazzàro, presidente Confagricoltura Puglia -. La nostra è una stima ufficiale, calcolata con le tabelle per il conteggio delle ore lavorative usate anche dagli enti preposti per le ispezioni».
L’agricoltura produce il 20% del Pil regionale
La Puglia è una delle regioni italiane che possiede il maggior numero di ettari di superficie agricola utilizzata (Sau), pari al 68% della superficie complessiva regionale e al 10,4% di quella nazionale. È seconda solo alla Sicilia. Non è un caso che l’agricoltura sia un settore cardine dell’economia: il 20% del Pil. Il valore economico alla produzione generato dal settore sfiora i cinque miliardi di euro (fonte Istat).
8,6 persone ogni 100 lavorano la terra
L’incidenza degli occupati in agricoltura a li vello regionale è pari all’8,6%, valore superiore rispetto sia al dato del Mezzogiorno (7,2%) che a quello nazionale (3,9%). Numeri importanti che dovrebbero accendere una luce sulla crisi che il settore sta vivendo da più di un anno. Per quanto riguarda l’olivicoltura, la xylella ha agito da acceleratore delle difficoltà. I coltivatori che vogliono procedere con i reimpianti, in modo da sostituire gli arbusti morti, si trovano di fronte anche la montagna della burocrazia. Sul tavolo della Regione Puglia, infatti, ci sono circa 600 domande che non hanno ricevuto risposta. Ritardi che aggravano ancora di più le difficoltà dei produttori.
L’aggregazione (che manca) tra i produttori
Se è vero che la xylella e la pandemia hanno colpito duramente l’agricoltura pugliese è altrettanto vero, però, che la parcellizzazione delle imprese non ha aiutato. Ha accresciuto la fragilità del sistema. Non è un caso, d’altronde, che la Puglia sia agli ultimi posti tra le regioni italiane per produzioni biologiche. Queste ultime richiedono il lavoro di squadra, con produttori \spesso riuniti in consorzi. È da qui che la Cia, Confederazione agricoltori italiani, riunita ieri a Monteroni in provincia di Lecce, invita a ripartire. Il rischio, altrimenti, è quello di non riuscire a cogliere le opportunità della ripresa. In particolare, a livello mondiale, il settore agroalimentare ha già segnato dati record nelle esportazioni dopo il periodo più duro della pandemia (51 miliardi di euro nel 2021). Se «Vanno agevolate realtà del settore agricolo meno strutturate – sostiene la Cia – rendendo fruibili per loro strumenti finanziari per la promozione anche fuori dal perimetro locale. Serve cambiare approccio anche rispetto al sud Italia la cui partecipazione all’export nazionale è ferma al 10% da 10 anni e che può giocare un ruolo chiave nel processo di crescita del Paese».

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