Si discute in queste ore al ministero del Lavoro l’ipotesi della cassaintegrazione straordinaria per gli operai ex-Ilva. A partire dalle 10.30 di questa mattina, infatti, il ministro Orlando incontrerà le parti sociali per proseguire la trattativa cominciata venerdì. Le distanze si sono lievemente accorciate ma i nodi da sciogliere restano tanti.
Nello scorso fine settimana erano previste delle interlocuzioni tra azienda e ministeri (lavoro e parti sociali, ma anche sviluppo economico) in vista proprio dell’incontro di stamani. Il punto di partenza riguarda la diminuzione del numero di cassaintegrati – ridotte di circa duecento unità le tremila inizialmente previste, tuttavia ancora insufficienti per i sindacati, che auspicano una riduzione nell’ordine del dieci percento – e soprattutto la questione relativa agli esuberi strutturali, conditio sine qua non per poter proseguire la trattativa.
La Fiom riferisce come nell’incontro di venerdì, l’amministratore delegato di Acciaierie d’Italia, Lucia Morselli, abbia confermato – anche su espressa richiesta del segretario generale del ministero del Lavoro Andrea Bianchi – che al termine dei dodici mesi previsti dalla cassaintegrazione straordinaria non ci saranno esuberi strutturali. Apparentemente fuori discussione anche il tipo di ammortizzatore sociale, che impone la Cis come unico strumento utile per la fase di ristrutturazione industriale, come ribadito dallo stesso segretario Bianchi, che ha escluso di fatto un possibile ricorso alla Cigo.
La questione ha diviso le parti sociali, con Uilm e Usb che invece si sono dette contrarie alla Cis in mancanza di un piano industriale, organizzando – in segno di protesta in contemporanea con l’incontro al ministero – un presidio alla portineria direzione allo stabilimento di Taranto.
Sul piatto anche le questioni relative ai ratei per i cassaintegrati e gli strumenti di gestione proprio dei processi di cassaintegrazione, in questi anni – denunciano i sindacati – appannaggio esclusivo dell’azienda. Cruciale in questa fase sarà quindi la discussione esclusiva sull’ammortizzatore sociale, considerato anche che le altre questioni – come piano industriale, piano ambientale e piano occupazionale futuro – dipenderanno dalla conclusione dell’iter delle clausole sospensive, su cui non si esclude la possibilità di ritardi. Di questo avviso è anche Francesco Brigati, responsabile provinciale Fiom Taranto. «In questa fase complicata c’è la necessità di discutere esclusivamente dell’ammortizzatore sociale – commenta -. Abbiamo delle difficoltà nelle relazioni industriali con l’azienda, pertanto ribadiamo che elementi di investimento e piano occupazionale devono essere discussi in sede ministeriale. Chiediamo, poi, che il governo si faccia garante di un processo di trasparenza in questo senso, nell’arco dell’anno di cassa integrazione. Poi devono scendere i numeri dei cassintegrati e contestualmente chiediamo un riconoscimento dei ratei, che in cassaintegrazione non si maturano. Vogliamo anche essere coinvolti nella gestione dei processi come questo, perché non possono essere gestiti unilateralmente dall’azienda, come successo in questi anni, peggiorando oltre che le relazioni industriali anche le condizioni dei lavoratori. Quindi – conclude Brigati – zero esuberi, integrazione salariale, rotazione, gestione della cassa e degli investimenti».
Più o meno in linea anche Fim-Cisl, che attraverso il segretario nazionale, Valerio Dalò, annuncia le posizioni del sindacato nell’incontro di queste ore. «Il ministero ha ridotto i cassintegrati di duecento unità, ma per noi è ancora troppo. E soprattutto bisogna sancire un principio: i numeri devono diminuire man mano che la produzione dell’acciaio cresce e che alla fine la procedura debba ridursi a zero una volta che la produzione sarà a pieno regime. Deve essere tradotto in una eventuale intesa il principio che non si deve parlare di esuberi, ma di un periodo transitorio di un anno. In più, chiediamo degli strumenti di gestione» commenta Dalò. «Il piano industriale – prosegue – andrà poi certamente discusso, ma il punto cruciale è la cassaintegrazione che parte oggi. Noi non abbiamo un numero di caduta, ma chiediamo che attraverso il ministro Orlando l’azienda intervenga anche sulla parte economica, magari attraverso il sostegno dei cassintegrati, e che poi si scenda con i numeri. Anche abbattere di cinquecento unità sarebbe accettabile».
La Uilm, invece, contesta nel merito la cassaintegrazione straordinaria, ritenendo la Cigo lo strumento più idoneo per questa situazione. «Riteniamo che la richiesta di cassaintegrazione straordinaria sia ingiustificata, soprattutto perché non c’è un piano industriale. Registriamo, poi, una grande contraddizione: l’azienda annuncia l’aumento della produzione e poi riduce il personale. Per questo chiediamo il ritiro della Cis» sostiene il segretario provinciale Antonio Talò, che ribadisce anche come questa posizione sia condivisa anche da Usb.