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sabato 27 Luglio 2024
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Ex Ilva, la posizione di Federacciai: «Facciamo come in Francia: soldi per la decarbonizzazione»

«L’Italia deve spendere soldi per facilitare la decarbonizzazione dell’impianto, proprio come ha fatto la Germania per Thyssen Krupp e la Francia per l’impianto nazionale di ArcelorMittal». Ad affermarlo è Antonio Gozzi, presidente di Federacciai.

Un invito il suo a fare come i partner europei per salvare non solo l’ex Ilva ma anche le altre produzioni non a ciclo integrale presenti in Italia. «C’è un eccesso di capacità di acciaio in tutto il mondo», fa notare Gozzi.

Se Acciaierie d’Italia chiudesse non farebbe differenza nel quadro generale delle cose». Il mondo delle imprese, in concomitanza con la manifestazione che si è svolta ieri a Taranto, insiste sulla necessità che lo Stato svolga un ruolo da protagonista.

Per Confcommercio Taranto, è importante che il Governo «si faccia carico di un’ennesima situazione subita, determinata ancora una volta da strategie e scelte sbagliate le cui conseguenze ricadono sulla comunità locale. Taranto non può continuare a pagare per gli errori commessi da anni di politiche industriali miopi».

Il timore di Confcommercio è che si arrivi a un blocco non previsto degli impianti ad esempio per mancanza delle materie prime. «Si profila il concreto rischio di un blocco non programmato, ma voluto dal socio di maggioranza dello stabilimento», sottolinea Confcommercio Taranto. «Evenienza che non farebbe giustizia dei danni provocati all’ambiente e alla salute dei cittadini e né ripagherebbe le vite perse, non darebbe prospettive economiche ai lavoratori, ma anzi acutizzerebbe la crisi economica del territorio, aprendo una voragine nel tessuto economico-sociale locale».

Per Paolo Agnelli, industriale metallurgico e presidente di Confimi Industria, «gli eccellenti industriali italiani del settore sono gli unici che in pochi anni sarebbero in grado di risanare e rilanciare lo stabilimento di Taranto. Il governo si impegni a salvaguardare i nuovi entranti dai reati ambientali di cui non sono i diretti responsabili, dando dieci anni di tempo per la bonifica e la trasformazione degli impianti e assicurandone la garanzia sui finanziamenti. Se necessario, anche ponendosi contro alle normative europee», conclude Agnelli.

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