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giovedì 27 Giugno 2024
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Medimex, a Taranto gli scatti rock di Gruen: «Lennon sapeva far ridere. Dylan la mia bibbia» – L’INTERVISTA

Sorridente, camicia a maniche corte blu aperta sul petto, gli occhi curiosi, di un azzurro vivo. Una vaga quanto suggestiva somiglianza con Art Garfunkel. Mentre Bob Gruen si presenta alla stampa per l’inaugurazione della sua mostra al MArTA di Taranto “John Lennon: the New York Years” e ha addosso obiettivi di ogni tipo, tira fuori dalla tasca dei jeans il suo cellulare e inizia a fotografare i giornalisti accalcati di fronte a lui. Paradosso.

La mostra, imperdibile, all’interno del vasto programma del Medimex 2024, sarà visitabile fino al 14 luglio. Mentre passeggia tra le fotografie di aneddoti ne sciorina, con un marcato accento newyorkese, uno dopo l’altro, un fiume in piena, dalla foto di Lennon prostrato ai piedi di Yoko Ono («Era stato scortese con lei da ubriaco, era il suo modo di farsi perdonare») alla foto scattata ai Led Zeppelin di fronte al loro aereo privato («L’esempio perfetto degli eccessi degli anni ‘70») fino a un sensualissimo scatto di Debbie Harry a Coney Island («Non era una sessione organizzata, stavamo giocando, è solo un momento della sua vita nella mia»). Tra le tante istantanee esposte, Bob Gruen ha risposto a qualche domanda.

Nelle sue foto sembra che i soggetti abbiano una connessione con lei. Quasi come giocassero con lei…

«Non direi giocando, piuttosto conversando. Con loro ho sempre interagito amichevolmente, ha sempre funzionato così».

È qualcosa a cui arrivava spontaneamente?

«Con alcuni era qualcosa di immediato. Mi bastava rilassarmi cinque minuti con loro per avere delle buone foto. Con altri serviva più tempo».

Con John Lennon avete vissuto una profonda amicizia, passando tanto tempo insieme. C’era qualcosa di lui che non le piaceva?

«Nulla, era perfetto (ride, ndr). In realtà era pessimo da ubriaco, quando beveva molto diventava un po’ disgustoso (ride ancora, ndr)».

E questo non le piaceva?

«In quei momenti ero ubriaco anch’io».

Come nasce la sua amicizia con John e Yoko?

«Non posso spiegare come le persone diventano amici. Nel nostro caso a loro piacevo e questo mi ha dato la possibilità di realizzare tanti scatti intimi, privati. Mentre eravamo fuori a cena, per una passeggiata, mentre guardavamo la tv. A John piaceva un sacco guardare la tv».

Che cosa direbbe Lennon in questo momento storico pieno di conflitti?

«Lui ha sempre parlato di pace ma la sua grandezza era saper trasformare, con poche parole, temi molto seri in qualcosa di satirico, divertente. Mi piacerebbe leggere un suo tweet oggi».

Yoko Ono è stata criticata ed etichettata come colei che ha distrutto i Beatles…

«Yoko non ha mai distrutto i Beatles. Erano uomini cresciuti e hanno fatto quello che sentivano fosse giusto. Yoko ha subito una forte critica razzista e sessista perché non era la classica “modella bionda” che a quei tempi si accostava a una rock star. È una grande artista concettuale e comunicatrice».

Ha immortalato anche Bob Dylan. Cosa ricorda di lui?

«Sono cresciuto ascoltando Dylan. È stato la mia bibbia. Ho imparato tanto da lui sulla religione, politica, sulla vita. Ma non ho mai parlato direttamente con lui. Andai a sentirlo al Newport folk festival, non avevo soldi e provai ad accreditarmi come fotografo, ma non ci riuscì. Iniziai quasi a supplicare, un ragazzo mi regalò un pass e così riuscii ad assistere al concerto».

C’è una star del cinema che vorrebbe fotografare oggi?

«Sì, chiunque mi offra un lavoro (sorride, ndr)».

La foto che non ha ancora scattato?

«Una di Otis Redding. Ma ormai è troppo tardi».

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