Home Attualità Serie tv sul caso Scazzi, registi e sceneggiatori: «Dovevano ambientarla a Paperopoli?»

Serie tv sul caso Scazzi, registi e sceneggiatori: «Dovevano ambientarla a Paperopoli?»

«”Avetrana – Qui non è Hollywood” racconta fatti realmente accaduti, è ispirato a un libro, oltre che alla cronaca di quel terribile caso. Cosa avrebbero dovuto fare gli autori, ambientarla a Paperopoli?». È quanto affermano gli autori e gli sceneggiatori italiani del mondo dell’audiovisivo – rappresentati dalle associazioni 100autori, Anac e Wgi – dichiarando la propria preoccupazione in merito a quanto sta accadendo dopo che il tribunale civile di Taranto ha accolto il ricorso, presentato dai legali del Comune di Avetrana, teso a bloccare la serie tv sul caso di Sarah Scazzi, la 15enne uccisa nel paese in provincia di Taranto nell’agosto del 2010.

Il sindaco di Avetrana aveva fatto ricorso contro la messa in onda della serie tv chiedendo la rettifica del titolo in quanto lesivo dell’immagine del paese, a prescindere dal contenuto stesso del racconto «al momento ancora da tutti ignorato», affermano registi e autori italiani.

«Questa non è l’Italia, è Gotham City – si legge in una nota -. Come associazioni che rappresentano la maggioranza degli autori, registi e sceneggiatori italiani, riteniamo fondamentale esprimere la nostra preoccupazione di fronte a un caso eclatante. Qui non si tratta di una singola persona che ricorre al giudice perché si sente diffamata, diritto sacrosanto di ogni individuo, ma di un sindaco».

Le associazioni si chiedono: «Basta un titolo o un’ambientazione a diffamare un’intera comunità? Romanzo Criminale diffama Roma? E La saponificatrice di Correggio mise a suo tempo in cattiva luce gli abitanti del ridente paese emiliano? Che dire di Roma Violenta, Milano calibro 9, Napoli spara!. Mettiamoci dentro anche Gangs of New York titolo decisamente più internazionale. Non ci risulta che il sindaco della Grande Mela se la sia presa con Martin Scorsese» fanno notare sceneggiatori e registi.

«È un problema tutto italiano, che si è andato ad accentuare negli ultimi anni e che rende sempre più difficile per noi autori raccontare storie radicate nel reale. Siamo sottoposti continuamente a limitazioni e “censura” – proseguono -, a partire dalle case di produzione e dai broadcaster che per il timore di essere chiamati davanti al giudice e dover sospendere una produzione o una messa in onda finiscono per comprimere lo spazio espressivo di noi autori. È una condizione opprimente che rende quasi impossibile raccontare con efficacia la nostra società e le sue zone d’ombra, minando la verosimiglianza e la credibilità delle nostre serie e dei nostri film» affermano le associazioni augurandosi che i «giudici facciano le loro valutazioni con tutta la serenità necessaria e siamo fiduciosi sull’esito, ma il fatto che un tribunale abbia accolto un tale ricorso è un precedente pericoloso che rischia di trasformarsi in un ennesimo argomento per ingerenze future».

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