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giovedì 10 Ottobre 2024
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Ucciso con un colpo di pistola nel 2020, i familiari del 38enne di Palagianello chiedono 2,5 milioni ai presunti killer

I familiari di Graziano Rotondo, il 39enne di Palagianello ucciso con un colpo di pistola il 16 dicembre del 2020 in uno scantinato di via Machiavelli, chiedono danni per 2,5 milioni di euro ai due presunti killer. L’altro ieri prima udienza in Corte d’assise per i cognati Vincenzo Balzo, 41 anni, alias «Sceriffo» e Carmelo Nigro, 34 anni. I due fratelli della vittima, i genitori e la fidanzata, si sono costituiti parti civili con gli avvocati Rosario Orlando e Maria Giovanna Galatone, chiedendo mezzo milione di euro ciascuno.

Braccato da tre uomini nei cunicoli dove si era infilato per rubare la droga, colpito con una mazzetta e poi ucciso con un colpo di pistola al torace, punito con la vita per il suo sgarro. Rotondo è morto così, secondo la ricostruzione dei giudici. Fu trovato cadavere la sera del 16 dicembre 2020 negli scantinati di una palazzina delle così dette “case parcheggio” di via Machiavelli, al quartiere Tamburi. Le prove raccolte dagli agenti della squadra mobile nelle immediatezza del delitto e poste alla base della misura cautelare sono le tracce di fango che dagli scantinati portano fino a casa dei due imputati, la circostanza che entrambi avevano appena fatto la doccia, «sincronicamente», scrisse il magistrato e alcune testimonianze che smontano gli alibi sostenuti dai familiari, giudicati «contraddittori, se non surreali».
Rotondo, secondo la ricostruzione dei giudici, si è intrufolato attraverso una botola nella preziosa miniera di droga dei sotterranei di via Machiavelli. Sorpreso a rubare è stato aggredito e poi brutalmente assassinato. Prima di essere assassinato è riuscito a telefonare due volte al fratello per chiedere aiuto. Alle 18:45 una prima telefonata, in cui raccontava di essersi introdotto nei sotterranei del palazzo dello «Sceriffo» e di essere stato scoperto da tre uomini che vogliono ucciderlo. Poi un’altra quindici minuti dopo. Il fratello, disperato, ha chiesto soccorso a una volante della polizia. In via Machiavelli gli agenti si sono divisi in due squadre. Una si è avventurata nei cunicoli bui e maleodoranti, attraversati da acque di fogna, cercando Rotondo e facendo squillare il suo telefono. Prima è apparsa una pistola sporca di sangue con un proiettile inceppato, poi le casseforti con le altri armi e grossi quantitativi di droga e in fondo al cunicolo, il corpo senza vita. L’altra squadra di agenti ha seguito le tracce di fango dallo scantinato su fino alle porte di casa di Balzo e Nigro. Quest’ultimo aveva ferite al volto e alle mani, per il giudice evidente segno di colluttazione. Agli investigatori ha detto di essersi ferito al lavoro, circostanza smentita però da un collega.
Undici pistole, alcune chiuse in casseforti cementate nel terreno (due erano sporche di sangue), un coltello, tre chili e mezzo di eroina e due chili e mezzo di cocaina, oltre a 200 dosi già confezionate. La droga era nascosta all’interno di tubi fognari in disuso o in nicchie scavate appositamente. Interrogato dal giudice subito dopo il delitto, Balzo disse di non essersi mosso da casa quel giorno, dove peraltro era recluso ai domiciliari. Secondo i difensori dei due imputati, avvocati Salvatore Maggio, Gaetano Vitale e Armando Veneto, l’omicidio è avvenuto intorno alle ore 19, proprio mentre gli agenti di polizia trovavano in casa Nigro e Balzo, quindi i due non possono aver sparato. Il corpo di Rotondo è stato trovato nel punto più isolato dello scantinato a una cinquantina di metri dall’accesso corrispondente alle abitazioni dei due indagati che, sempre stando alla ricostruzione della difesa, in pochi istanti non avrebbero potuto percorrere quella distanza procedendo carponi nel fango, in cunicoli angusti e bui. A novembre del 2021 la polizia ha arrestato un terzo indiziato per il delitto, un tarantino di 23 anni la cui posizione è ancora al vaglio del pubblico ministero Marzia Castiglia.

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