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Bari, ricorso multiproprietà: appello il 15 giugno. Secondo round del braccio di ferro tra i De Laurentiis e la Figc

Nuovo capitolo della «saga» multiproprietà: mercoledì 15 giugno la Corte Federale d’Appello della FIGC ha fissato l’udienza per discutere il ricorso presentato da Aurelio e Luigi De Laurentiis, in qualità di amministratori di Napoli e Bari. Il braccio di ferro legale si sposta quindi al secondo grado di giudizio dopo la bocciatura totale del Tribunale Federale. Nel mirino dei ricorrenti c’è l’ormai famosa delibera della «discordia» con cui il 30 settembre 2021 il consiglio federale ha modificato all’unanimità l’art. 16bis delle NOIF che disciplina il tema multiproprietà. L’organo direttivo del calcio italiano guidato da Gabriele Gravina, «uniformando la parte regolamentare allo statuto federale», e superando la norma transitoria varata solo tre mesi prima, ha posto il divieto assoluto in ambito professionistico di gestire due società facenti capo alla stessa proprietà.

Le contestazioni

In particolare la nuova norma introdotta dalla FIGC, ritenuta un «abuso di potere», avrebbe «leso i principi di affidamento, ragionevolezza e certezza del diritto». Dito puntato anche contro la retroattività del nuovo art. 16bis NOIF. In sostanza secondo la tesi sostenuta dalla famiglia De Laurentiis, il calcio italiano ha cambiato le «regole del gioco» in un momento successivo rispetto all’assegnazione del nuovo titolo sportivo del Bari (31 luglio 2018), quando non era vietata in assoluto la multiproprietà, ma solo qualora due club guidati dalla stessa azienda avessero militato nella medesima categoria. Provocando di fatto un notevole danno patrimoniale. Tra i motivi su cui si fonda il ricorso bis figura anche la presunta «violazione del principio costituzionale di libertà di iniziativa economica privata e dei principi in materia di concorrenza».

Deadline per la cessione

Nel mirino dell’avvocato Mattia Grassani, che si occupa del patrocinio legale della SSC Napoli e della SSC Bari, c’è anche il termine fissato dalla FIGC per risolvere il conflitto regolamentare: in base a quanto previsto dalla nuova norma entro due anni i De Laurentiis dovranno decidere quale società continuare a gestire e quale invece mettere in vendita, pena la decadenza dell’affiliazione del titolo sportivo acquisito per ultimo, ossia quello del club biancorosso. Un vero e proprio incubo per i tifosi. Non a caso i ricorrenti, come riportato nelle motivazioni del «no» al primo ricorso, avevano definito una «ghigliottina la decadenza dell’affiliazione con conseguente perdita dell’investimento, qualora l’operazione di trasferimento del controllo del club non si perfezioni entro il 30 giugno 2024».

L’obiettivo

La missione dell’avvocato Grassani è dunque annullare la delibera federale e ristabilire le vecchie norme (quelle in vigore quando fu assegnato il titolo sportivo del Bari alla famiglia De Laurentiis) che consentivano di fatto di gestire due società di calcio in ambito professionistico purché militassero in categorie diverse. Un traguardo che se dal lato De Laurentiis rappresenterebbe una vittoria contro la presunta ingiustizia subita, dall’altro, sponda tifosi, viene visto come una sorta di limite alle ambizioni della città di poter aspirare nel più breve periodo al ritorno in Serie A. Obiettivo, va però ricordato, mai negato da Luigi De Laurentiis rispetto ai programma futuri. «Le regole attuali non ce lo permettono, ma in caso dovessimo arrivare in A saremo costretti a malincuore a cedere la società», ha più volte ribadito in recedenti interviste. «Chi può dire cosa accadrà, questo dipende anche da ciò che avverrà nei prossimi anni, dai ricorsi, dai risultati e dalle offerte che potrebbero arrivare. Né io, né mio padre siamo abituati a girare intorno. Inutile catalogare cosa accadrà. Perché io non lo so», aveva dichiarato il presidente del Bari a L’Edicola del Sud in una recente intervista.

Gli step giudiziari

L’appuntamento della prossima settimana dinanzi alla Corte Federale d’Appello della FIGC coincide con il secondo grado di giudizio dopo la bocciatura del primo ricorso da parte del Tribunale Federale. In caso venisse rigettato l’avv. Grassani ha già annunciato che si adirebbe il Collegio di Garanzia del Coni, terzo e ultimo grado della giustizia sportiva. Dopodiché, in caso di ulteriore esito negativo, si passerebbe al TAR del Lazio e al Consiglio di Stato, organi di I° e II° grado della giustizia ordinaria amministrativa. L’ultima chance sarebbe rappresentata dalla CEDU, Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.

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