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“San Nicola”, bilancio disastroso per il Bari: solo 2 vittorie in 9 gare

Altro che fattore casalingo: le mura del “San Nicola” nel girone di andata si sono rivelate tutto fuorché amiche per il Bari. Magrissimo il bottino: solo 11 punti su 27 disponibili, che costringono i biancorossi alla 13esima posizione per rendimento interno. Desolante la casella delle vittorie: due su nove partite. Si tratta delle affermazioni, peraltro più che convincenti, contro Brescia e Modena. 180 minuti coincisi con due festival del gol. Ben 10 quelli messi a referto, in virtù del pirotecnico 6-2 contro le rondinelle, allora prime in classifica con la Reggina, e del poker rifilato ai canarini, giunti a Bari con la dote di due vittorie esterne consecutive contro Parma e Spal. Nel mezzo, purtroppo, ben cinque pareggi, maturati con Palermo, Spal, Ternana, Sudtirol e Pisa, e soprattutto due sconfitte, incassate per mano di Ascoli e Genoa.

In chiaroscuro il dato delle partite nelle quali la squadra di Mignani ha diviso la posta in palio: spicca la capacità di riprendere gli avversari, come successo nei match contro siciliani e altoatesini, in quest’ultimo caso recuperando un doppio svantaggio, grazie alle reti di Di Cesare e Salcedo. A fare da contraltare c’è la gara contro la Spal, nella quale i pugliesi, dopo una prima frazione perfetta, una delle migliori del campionato, hanno dilapidato le reti di Cheddira e Antenucci. Avvio choc del secondo tempo, iniziato male con l’infortunio di Maita, e proseguito peggio con il mortifero uno-due degli ospiti, in soli sei minuti. All’insegna dell’equilibrio invece la sfida contro il Pisa, individuata dai biancorossi come la squadra capace di metterli più in difficoltà in casa. Resta invece pieno di rimpianti il pareggio con la Ternana. Davanti a circa 39mila spettatori, ultimo record prima dei 49mila di Bari-Genoa, i galletti hanno sbattuto contro i guantoni di Iannarilli, peccando soprattutto di precisione in fase di finalizzazione. A condizionare il risultato finale anche le solite sviste di direzione arbitrale e Var: a distanza di due mesi, era il 28 ottobre, permangono ancora molti dubbi sulla mancata concessione di un calcio di rigore per una plateale trattenuta in area su Ricci, a pochi passi dall’estremo difensore umbro.

La macchia più evidente di un percorso casalingo tutt’altro che virtuoso porta al 15 ottobre, giorno della nona giornata, quando il Bari scoprì il sapore amaro della prima sconfitta in campionato. Al “San Nicola” Bucchi mise in pratica il ‘modello Ascoli’, imbrigliando per tutti i 90 minuti il gioco dei padroni di casa, neutralizzando le principali fonti di gioco dei biancorossi. Decisive le reti di Simic e Dionisi nella ripresa. Una partita che ha fatto scuola per la serie B, mostrando come poter neutralizzare il micidiale attacco del Bari e soprattutto Cheddira, fino a quel momento quasi sempre mortiferi. Fu il primo campanello d’allarme che fece scattare la necessità di individuare strategie diverse nella fase offensiva.

Il ko contro i marchigiani ha segnato il prologo del periodo di flessione della squadra di Mignani, coinciso con la successiva caduta a Frosinone e cinque pareggi consecutivi.

Ultima in ordine di tempo è la serata dei record di Santo Stefano. Una notte magica sugli spalti, rovinata dal blitz del Genoa, rivitalizzato dalla cura Giardino, che con il minimo sforzo ha inflitto la seconda sconfitta casalinga al Bari, terza della stagione. Dopo il pari con la Ternana, è da considerare come il secondo maggior rimpianto, per aver perso una gara ben disputata, soprattutto nel primo tempo, sprecando almeno tre chiare occasioni da rete.

A compensare il ruolino di marcia casalingo c’è il cammino esterno, che vede il Bari primo, insieme a Genoa e Reggina, in virtù di 19 punti guadagnati in 10 partite.

La lavagnetta di Mignani è dunque già piena di appunti da porre all’attenzione della squadra in vista della ripresa a gennaio: uno degli obiettivi principali, iniziando dalla prossima sfida contro il Parma, sarà senza dubbio sovvertire il trend al “San Nicola”, che non può fare onore né alla squadra, né tantomeno ad un pubblico finora troppo spesso ‘tradito’.

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