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Mafia a Roma: blitz della Dia. Tra gli indagati anche il manager materano di Achille Lauro

C’è anche il 62enne materano Angelo Calculli, manager musicale materano che in passato ha gestito gli interessi di Achille Lauro, tra gli indagati nella maxi operazione della Dia e della Dda di Roma che ha portato all’esecuzione di 18 misure cautelari e al sequestro di 131 milioni di euro.

Tra gli indagati ci sono Antonio Nicoletti, figlio dell’ex storico esponente della banda della Magliana Enrico, e Vincenzo Senese, figlio di Michele ritenuto il capo della camorra di Roma. Misura cautelare anche per il produttore cinematografico Daniele Muscariello. Arrestati anche Roberto Macori e Salvatore D’Amico.

Nell’indagine, coordinata dall’aggiunto Ilaria Calò, sono stati raccolti elementi indiziari sull’esistenza di due distinte organizzazioni criminali che «riciclavano ingenti profitti, infiltrando progressivamente attività imprenditoriali in apparenza legali operanti in molteplici campi» come «la cinematografia, l’edilizia, la logistica, il commercio di autovetture e di idrocarburi», spiega una nota della Procura di Roma.

Nel corso delle indagini, partite nel 2018, sono emerse «convergenza di interessi di mafie storiche e nuove mafie e in particolare del clan D’Amico-Mazzarella, e delle cosche calabresi Mancuso e Mazzaferro e della famiglia Senese – prosegue la nota – nel settore del commercio illecito degli idrocarburi, raccogliendo gravi indizi circa l’esistenza di un’altra autonoma associazione criminale, collegata alla prima, operante sulla capitale e ramificata in altre regioni del Paese».

La Procura capitolina spiega che «in termini di gravità indiziaria contestualmente ai reati di natura economico-finanziaria, circostanziati anche dalle attività di accertamento fiscale delegate al Nucleo Pef della Guardia di Finanza di Roma, i componenti delle due organizzazioni sono risultati anche dediti alla commissione di una serie di delitti in qualche modo strumentali ai primi (delitti di estorsione e usura) tanto per regolare partite di dare e avere tra loro o con terzi quanto per legare a sé gli imprenditori indispensabili per alimentare l’illecito profitto. In tale ambito, emergeva la riserva di violenza delle due associazioni, sia per la forza di intimidazione derivante dagli stretti legami con le organizzazioni criminali mafiose che per l’immediata disponibilità di armi da guerra e comuni da sparo».

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