Home Cronaca L’appartamento a Londra Ecco come ti “lavo” i soldi

L’appartamento a Londra Ecco come ti “lavo” i soldi

Il maxicatamarano da competizione usato per il giro del mondo, due appartamenti di lusso a Londra, circa 10 milioni di euro su conti correnti alle Bahamas, un altro da 51 mila euro in Germania, la società fiduciaria Sea Salt B.V. nell’isola olandese Curacao, e ancora milioni in molti altri paradisi fiscali.

Viaggia, su canali rapidi e non sempre tracciabili, il denaro dei clan pugliesi, sottratto al controllo dello Stato e reinvestito in attività pulite. Trascorso ormai molto tempo da quando i soldi della droga e delle estorsioni venivano reimmessi sul mercato con l’acquisto di nuovi carichi, il riciclaggio si è evoluto, trovando strade sempre più raffinate per evitare sequestro e confisca.
Lo hanno fatto, con grande capacità imprenditoriale, Vito Martiradonna (detto “Vitino l’Enèl”), i suoi figli (Michele, Francesco e Mariano) e i nipoti (Antonio e Michele Buontempo), affiancati da master e agenti. Nel 2018 la guardia di finanza di Bari ha chiesto con rogatoria ai diversi paradisi fiscali di mettere sotto sequestro i 22 milioni che rappresentano il tesoro del clan, ma molte delle risposte tardano ancora ad arrivare.
Nulla da Bahamas, Santa Lucia (piccola isola delle Antille), Seychelles, British Virgin Islands. Nulla persino da Malta, Stato dell’Unione europea, dove ha sede una delle società cardine delle attività illecite dei Martiradonna, e cioè la gestione illecita delle scommesse sportive: le indagini patrimoniali sulla famiglia storica barese (Vito è da sempre considerato il cassiere del clan Capriati), conclusesi con arresti e condanne, hanno previsto in parallelo gli interventi patrimoniali e un decreto di confisca.
E così, in attesa delle risposte dall’estero, sono stati sottratti a Vito Martiradonna un Rolex da 3.500 euro, un’auto, parti degli immobili ubicati a Bari, denaro contante e Poste pay. Altri orologi (due Rolex e due Bulgari) sono stati confiscati al figlio Michele, nella che conservava anche costosissimi gioielli (collane con brillanti, orecchini di perle, bracciali con pietre), 24 borse Chanel, 10 Luis Vuitton, 8 di Hermès, 3 di Valentino.
Di diversa natura, invece, i “cassetti” fiscali usati dal clan Parisi, nato negli anni Ottanta in seno a La Rosa, la prima organizzazione criminale pugliese, e guidato dal “Mammasantissima” Savino, attualmente detenuto dal 2016. Secondo le indagini condotte negli anni da varie forze di polizia, i beni di provenienza illecita sarebbero stati reinvestiti in conti correnti, terreni, immobili e numerose sale scommesse intestate a suo figlio Tommy. Nello stesso decreto di confisca notificato a Martiradonna, ci sono i beni riferibili alle sale scommesse di Valenzano, Torre a mare, Triggiano, via De Gemmis, via Peucetia e via Caduti Partigiani.
Nei negozi di abbigliamento e nelle attività commerciali più frequentate, e quindi con maggiore possibilità di riciclo, come tabaccherie, bar, macellerie, supermercati, confluiscono i soldi del clan Palermiti, l’altra organizzazione criminale barese con grandi disponibilità finanziarie, derivanti dal florido commercio di droga, gestito per anni al quartiere Japigia con i Parisi di cui erano diretta emanazione. La messa in proprio (almeno parziale) ha comportato un allargamento della piazza di spaccio, grazie anche ai canali privilegiati per l’approvvigionamento di sostanze stupefacenti: Brasile (tramite intermediari napoletani) per la cocaina, Balcani per la marijuana e le armi, la Spagna per l’hashish.
Fiumi di droga e denaro che non sempre vanno di pari passo, affari remunerativi che denotano senza ombra di dubbio la caratura criminale del clan.

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