Home Cultura e Spettacoli Vanessa Nichilo: «La musica mi è servita per non mollare tutto»

Vanessa Nichilo: «La musica mi è servita per non mollare tutto»

Musica. Linguaggio umano universale. Magistra vitae, per tante persone. Per Vanessa Nichilo è liberazione. Classe 1999, cantautrice coratina, che in poco più di vent’anni di vita ha imparato a suonare la chitarra e il pianoforte, quasi completamente da autodidatta, per accompagnare la propria voce e dar forma alle emozioni. Un’artista della Generazione Z che trae ispirazione dalla lettura per creare canzoni.

Come mai non ha scelto un nome d’arte per identificarsi nel suo lavoro?
«Ho scelto di mantenere il mio nome per il semplice fatto che persona e artista in me coincidono perfettamente».
Quando ha incontrato la musica per la prima volta?
«Durante le scuole medie. C’era un corso di chitarra e decisi di provare, per curiosità personale. I miei erano un po’ titubanti, perché in famiglia nessuno ha a che fare con la musica, ma decisero di appoggiarmi e farmi provare. Alla fine, è nata una grande passione. Non ho mai smesso e ho continuato da autodidatta».
Cosa ha provato quando ha preso in mano una chitarra?
«Ammetto di aver provato un’emozione davvero particolare. Mi sono un po’ sentita scoraggiata. Suonare la chitarra non è così facile come può sembrare. Se non si riesce a dare la giusta pressione alle corde, ad esempio, non viene emesso alcun suono. Poi, con i primi i risultati è cambiato tutto. Ho iniziato, quindi, a scrivere canzoni e a cantare nelle quattro mura della mia cameretta! Finché, una mia amica mi ha consigliato di prendere lezioni di canto e da lì è nato ufficialmente tutto il mio percorso artistico».
Si può dire che ha usato la musica come terapia per la sua timidezza?
«Esatto. Durante le scuole medie subivo tanti atti di bullismo e la musica mi è servita per mantenermi in piedi e non mollare tutto. La musica è una terapia, certo».
Il suo ultimo singolo si intitola “Dicono di me”. Di cosa parla?
«Questo brano parla della libertà di espressione, in ogni sua forma. È una battaglia contro tutti quei pregiudizi che portano chi li subisce a silenzi personali, a chiusure. Ognuno di noi deve essere libero di esprimersi come meglio crede».
Cosa fa quando scrive? Esiste un rito che compie sempre, quasi scaramantico?
«Sicuramente non faccio mai ascoltare un pezzo nuovo a qualcuno finché non è “perfetto”. Deve essere completo, per me».
Quando non canta che cosa fa?
«Eh, tante cose! Per esempio, lavoro come babysitter e poi leggo tantissimo e cucino anche tantissimo».
Qual è l’ultimo libro che ha letto?
«Orgoglio e pregiudizio».
Quanto la aiutano i libri con la sua musica?
«Davvero un sacco. Molto spesso le idee su cui basarmi per scrivere i testi nascono proprio dalle letture che faccio. Ad esempio, in questo singolo (“Dicono di me” n.d.r.) c’è un termine particolare, bagola (cianciare, parlare a vanvera n.d.r.), che ho trovato in un libro ed è una parola che ha colpito molto gli ascoltatori. Quindi, i libri mi aiutano a scrivere testi particolari, molto semplici e diretti, ma con un significato comunque importante e qualche dettaglio che riesca ad attirare l’attenzione».
Se potesse essere un’altra da se stessa, cosa direbbe alla Vanessa di dieci anni fa e a quella di oggi?
«Allora, alla Vanessa di dieci anni fa direi di essere meno timida e iniziare subito a studiare canto, perché da quando ho iniziato a prendere lezioni di canto ho avuto una grande evoluzione a livello di stile, ma anche di estetica. Mentre, alla Vanessa di oggi direi di essere meno ansiosa. Mi faccio mille problemi. Quindi, direi: “vivitela con un po’ più di leggerezza”».

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