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Assegno di mantenimento, in caso di inadempimento si può chiedere senza giudice e avvocati il pagamento diretto da parte del datore di lavoro

L'avvocata Cinzia Petitti (foto di Dina Peragine)

La riforma Cartabia ha portato una novità di grande interesse per i cittadini.

Ha introdotto una norma che consente il pagamento diretto dell’assegno da parte del terzo, in caso di inadempimento, senza chiedere un provvedimento giudiziario.

La norma è l’art. 473 bis n. 37 codice di procedura civile.

Esisteva, nell’ambito dei procedimenti di separazione, la possibilità, in caso di inadempimento, di chiedere il pagamento diretto al terzo (datore di lavoro o soggetto tenuto al pagamento periodico di somme, es conduttore di un immobile in locazione di proprietà del debitore).

Ma occorreva depositare un apposito ricorso per chiedere al Giudice competente l’emissione di un decreto di questo tipo.

Per il divorzio invece, una volta che esso fosse stato pronunciato, c’era una modalità di pagamento diretto che era similare a quella che ora è stata disposta, ma con effetti leggermente ridotti.

Eliminata la ingiustificata disparità di trattamento, la nuova norma può essere utilizzata oggi, invece, per tutti i casi di inadempimento, anche solo parziale, ad un provvedimento di tipo economico disposto dal Giudice nei procedimenti di famiglia.

Quindi sia per gli assegni di mantenimento periodici disposti nei giudizi di separazione sia per quelli previsti nei giudizi di divorzio ed ancora per quelli emessi in favore dei figli nati fuori dal matrimonio.

Gli assegni di mantenimento per i figli e il coniuge nel caso di inadempimento possono essere richiesti direttamente dalla parte, senza passare per il tribunale e senza neanche l’ausilio di un legale.

Anche se l’intervento di quest’ultimo è opportuno perché la diffida deve avere determinate caratteristiche e poi il provvedimento dovrà essere notificato al terzo datore di lavoro.

Cosa ci dice la norma in pratica?

Se l’obbligato non paga gli si deve inviare una raccomandata od una pec (quindi una diffida) in cui lo si invita al pagamento.

Se decorsi trenta giorni dalla ricezione della diffida l’adempimento perdura, in tutto od in parte, l’inadempimento, scatta il diritto a chiedere al datore di lavoro (od a qualsiasi terzo che versa periodicamente somme dal debitore) di versare mensilmente le somme dovute e nel giorno stabilito dai provvedimenti sul mantenimento ed anche con gli adeguamenti istat maturandi.

Come funziona materialmente? Decorsi i termini dalla ricezione della diffida, viene notificato dal coniuge e/o genitore beneficiario al datore di lavoro ed al debitore il provvedimento del giudice (trattasi di sentenza) con il quale viene stabilito il quantum dell’assegno di mantenimento.

Il terzo, in genere il datore di lavoro, sarà obbligato dal mese successivo alla notifica a versare l’assegno di mantenimento direttamente al beneficiario, detraendolo per l’intero dalla retribuzione dell’obbligato.

Ed anche se l’assegno in questione dovesse assorbire l’intero importo della retribuzione mensile.

Non essendo nel potere del terzo limitare il prelievo ma dovendo il medesimo adempiere fedelmente al provvedimento del Tribunale od all’accordo consensuale, recepito da quest’ultimo o fatto tramite negoziazione assistita autorizzato dalla Procura.

Il datore di lavoro deve unicamente prelevare, distraendolo in favore del richiedente, dallo stipendio l’importo dovuto, dichiarando eventualmente se lo stipendio è capiente od incapiente anche solo parzialmente, ovvero se è inferiore all’assegno dovuto.

Cosa succede se il terzo datore di lavoro immotivatamente non provvede al pagamento ed ignora l’ordine diretto?

In questo caso (anche qui una novità importante che prima non era prevista) il datore di lavoro assume il ruolo di debitore, per cui nei suoi confronti si può intraprendere una azione esecutiva.

Quindi si può iniziare , a mezzo di quello stesso titolo con il quale è stato stabilito l’assegno di mantenimento, un’ azione esecutiva contro il datore di lavoro, con spese a suo carico.

Quest’ultimo non potrà fare il furbo perché magari si è messo d’accordo, come poteva accadere in precedenza, con il debitore stesso.

Ovviamente cosa fare se questo stipendio è già stato attinto da pignoramenti?

In quel caso deve intervenire il giudice dell’ esecuzione il quale ripartisce le somme tra gli aventi diritto, tenendo conto del privilegio alimentare dato agli assegni di mantenimento.

Il giudice dell’ esecuzione farà i necessari calcoli.

La norma sarà di sicuro ausilio e deterrente: di ausilio per gli aventi diritto, non costretti ad iniziare un nuovo giudizio per ottenere lo stesso risultato con una semplice raccomandata senza attendere mesi un provvedimento del Giudice, anticipandone i costi, e deterrente per gli obbligati al mantenimento a non eludere l’ordine del giudice.

Cinzia Petitti è avvocata e direttora di dirittoefamiglia.it

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