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Così si rafforza l’economia del territorio

L’ultimo rapporto della Banca d’Italia dedicato all’economia della Puglia, pubblicato nel novembre del 2022, prevedeva il manifestarsi di difficoltà nell’andamento congiunturale, dovute soprattutto l’aumento dei costi degli input energetici e alle tensioni nelle catene di approvvigionamento, con ritardi o indisponibilità nelle forniture. In tale scenario, osservava ancora il rapporto, le aspettative sarebbero state negative determinando un calo delle vendite e una drastica riduzione degli investimenti, nonostante la spinta attesa dagli incentivi previsti dal Pnrr.

Una previsione che si è realizzata puntualmente dall’inizio di quest’anno, con 49 tavoli di crisi aperti (nel 2022 erano 38), con circa 17.000 lavoratori coinvolti. Le aree di maggiore sofferenza si concentrano intorno al capoluogo (con il 43,8% dei lavoratori coinvolti) e nella provincia di Taranto (con il 43,7%).

I lavoratori coinvolti nei tavoli di crisi riguardano per il 55,4% la grande impresa; il 35,9% la media impresa; l’8,6% la piccola impresa e solo lo 0,1% la microimpresa. Le situazioni di crisi più rilevanti riguardano le industrie Bosch, Natuzzi, Gruppo Sofinter e Italian in provincia di Bari; nel brindisino sono colpite le industrie del settore aerospaziale (la Dema e Dcm); nel leccese, l’Alcar Industrie è in procedura di fallimento; e infine l’area di crisi storica rappresentata dall’ex Ilva (1.700 dipendenti) già riconosciuta dal governo come area di crisi industriale complessa fin dal 2012. I sindacati chiedono di riconoscere anche all’area industriale di Bari la condizione di area di crisi complessa per estendere a quella provincia i programmi per la reindustrializzazione e riconversione previsti dai Progetti di Riconversione e Riqualificazione Industriale, elaborati da Invitalia.

Questa situazione di crisi e le tensioni sociali che ne derivano smorzano certamente l’ottimismo con cui in questi anni si è guardato al modello di sviluppo pugliese. Negli ultimi decenni, l’economia pugliese si è basata su due pilastri: da un lato, sistemi locali di piccola e micro impresa specializzati nella produzione di beni di consumo per la persona e per la casa, e dall’altro, imprese medio-grandi a controllo esterno, in taluni casi multinazionali, attive soprattutto nei comparti della siderurgia, della meccanica e del settore aerospaziale.

La Regione Puglia è stata poi attiva promotrice di sviluppo, varando, tra le poche regioni del Mezzogiorno, una Legge Regionale sui Distretti Produttivi, considerati strategici per lo sviluppo del territorio in diversi settori (agroalimentare e florovivaismo, aerospazio, biotecnologie, green economy, information communication technology, industria creativa, logistica, distretto lapideo, meccanica e meccatronica, nautica da diporto, sistema casa, turismo pugliese). Unica è anche la politica regionale per l’energia pulita che ha dato alla regione il primato in Italia per numero di impianti e per potenza installata di “nuove rinnovabili” e nell’introduzione di politiche energetiche innovative. Anche il territorio è stato opportunamente valorizzato, sia nel campo agroalimentare che nel settore del turismo. Per la sua posizione geografica, infine, e la presenza di tre snodi portuali e aeroportuali di Taranto, Brindisi e Bari con una valenza strategica per l’inserimento dell’Italia nel commercio internazionale, alla Puglia sono state attribuite due Zone Economiche Speciali (Zes Ionica e Zes Adriatica), con l’obiettivo di favorire l’attrazione di investimenti produttivi.

Nonostante queste potenzialità, la competitività del sistema Puglia resta ancora fragile e condannata alla marginalità. Un primo elemento è la forte dipendenza delle grandi imprese da multinazionali e quindi da centri decisionali e strategici esterni al territorio (il caso ex Ilva e del settore aerospaziale sono emblematici), ma le principali criticità riguardano l’assetto sociale e la dotazione infrastrutturale, su cui si è fatto poco in questi anni. In particolare la partecipazione al mercato del lavoro (tassi di disoccupazione elevati al 14,9%, contro il 10% del totale nazionale; la regione è prima in Italia per differenza tra tasso di occupazione maschile e femminile ed è quarta per tasso di giovani Neet), il sistema dell’istruzione (la regione, infatti, è terza in Italia per giovani che lasciano prematuramente i percorsi di istruzione e formazione professionale) e i fenomeni di disagio sociale diffusi nel territorio (la regione è terza in Italia sia per percentuale di persone e famiglie che vivono sotto la soglia della povertà o in condizioni di gravi privazioni). A queste criticità sociali si aggiungono le deficienze infrastrutturali, in quanto non esiste un collegamento di alta velocità-alta capacità tra Puglia e Campania, e la regione è la quarta d’Italia per percentuale di rete ferroviaria ancora non elettrificata. Sono queste le criticità da rimuovere per consolidare un sentiero di sviluppo ancora fragile.

Rosario Patalano è economista

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