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Se il Sud deve fare tutto da solo

Il sistema produttivo “distrettuale”, fondato su imprese di piccole e medie dimensioni concentrate in un determinato territorio, caratterizzate da una forte specializzazione produttiva, da una spiccata vocazione esportatrice e da una tendenza all’integrazione orizzontale e verticale, è stato presentato dalla letteratura economica come un modello virtuoso di sviluppo e proposto come strumento di politica industriale.

L’esperienza dei distretti industriali della Terza Italia (Nord Est, Toscana ed Emilia Romagna), elevata a caratteristica peculiare del capitalismo italiano, dall’inizio degli anni Novanta è stata estesa anche al Mezzogiorno, individuando, sulla base di criteri metodologico-statistici, la presenza di agglomerati industriali specializzati, a cui è stato attribuito, spesso non senza forzature, lo status di distretto industriale. La realtà produttiva dei distretti è comunque nel Mezzogiorno molto diversa da quella del Centro-Nord: innanzitutto la loro distribuzione sul territorio non è uniforme (si concentrano in Abruzzo, Campania e Puglia, ma sono molto limitati nelle isole e sostanzialmente assenti in Calabria e in Basilicata), esiste poi una forte eterogeneità in termini di specializzazione produttiva, di organizzazione, di collocazione di mercato e di grado di internazionalizzazione.

Mentre a Centro-Nord prevalgono le imprese operanti nel settore della meccanica specializzata, che costituiscono il principale asse portante dell’industrializzazione e del modello di specializzazione internazionale della Terza Italia, nel Mezzogiorno i settori di riferimento sono la produzione di beni di consumo per le persone e la casa (settore moda, calzaturiero, mobile); l’agroalimentare e le produzioni ad elevate tecnologia.

Su un totale di 76.031 milioni di euro di esportazioni fatturate dai distretti italiani nel primo semestre 2022, il 41% è stato realizzato da imprese del Nord-Est, il 33% da imprese localizzate nel Nord Ovest, il 20% nel Centro, e solo il 6% da imprese meridionali.

Questo dato mostra l’estrema debolezza della realtà distrettuale meridionale. I sistemi produttivi del Sud sono limitati nel loro sviluppo da quattro fattori: intensificata concorrenza internazionale nei beni finali di consumo, settori di tradizionale specializzazione italiana; difficoltà per le imprese, prevalentemente di piccole dimensioni, di sostenere gli investimenti necessari per accedere ai nuovi mercati emergenti per compensare il declino della domanda nei tradizionali mercati di sbocco europei; ristagno della domanda interna di consumo; assenza di una politica di sviluppo industriale del Mezzogiorno. Uno scenario congiunturale in peggioramento per l’acuirsi della pressione inflazionistica (attestatasi a novembre 2022 a +11,8% su base annua) e per le incertezze generate dal conflitto russo-ucraino non faciliterà certamente la loro performance.

Il governo Meloni, almeno formalmente, ha voluto enfatizzare il ruolo del sistema produttivo nazionale, cambiando il nome al Ministero dello Sviluppo economico in Ministero delle imprese e del Made in Italy. Sul piano concreto, la legge finanziaria in discussione, istituisce un Fondo per il potenziamento delle politiche industriali di sostegno alle filiere produttive del Made in Italy, dotandolo di 5 milioni di euro per l’anno 2023 e di 95 milioni per il 2024 (art. 74, legge di bilancio 2023). La finalità del fondo è quella di sostenere lo sviluppo e modernizzazione dei processi produttivi e accrescere l’eccellenza qualitativa del Made in Italy. Fondi che ovviamente si indirizzeranno prevalentemente al Centro-Nord per potenziare soprattutto – recita la relazione – «il comparto del tessile-moda che riveste una posizione di primaria importanza nell’economia italiana e contribuisce in maniera determinante alla performance nell’export».

Il decreto legge 176, del novembre 2022, ha poi istituito il Comitato interministeriale per il made in Italy nel mondo (Cimim), composto dal ministro degli affari esteri, dal ministro delle Imprese e del Made in Italy, dai ministri dell’Economia e delle Finanze, dell’Agricoltura, e dal ministro del Turismo. Il Cimim ha il compito di indirizzare e coordinare le strategie in materia di promozione e internazionalizzazione delle imprese italiane, per valorizzare il made in Italy nel mondo. Non è previsto alcun provvedimento specifico per il sistema distrettuale delle imprese meridionali ed è un dato che, nelle 500 pagine del dossier che accompagna la legge di bilancio, la parola “Mezzogiorno” ricorra solo quattro volte.

Rosario Patalano è professore di Storia del pensiero economico presso l’università “Federico II” di Napoli

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