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Autonomia, martedì il voto finale. Calderoli: «Sono fiducioso, il Paese non si spaccherà»

La previsione del capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, che nella giornata di mercoledì aveva ipotizzato “il voto finale” entro la conclusione della settimana parlamentare non si è avverata.

Palazzo Madama ha rinviato le dichiarazioni di voto e lo stesso voto finale sull’autonomia differenziata a martedì prossimo alle 16,30. Tuttavia, i senatori hanno licenziato i quasi 400 emendamenti collegati al disegno di legge che porta la firma del ministro Roberto Calderoli che, al termine della discussione sulle modifiche al testo originario, ha affermato: «Oggi è una bella giornata. Per martedì è già previsto il voto finale sulla riforma da parte del Senato e sarà un’altra bella giornata. Qualche giorno in più, dopo decenni di attesa, non cambia la sostanza né la bontà del disegno di legge che applica la Costituzione, così come previsto dal Titolo V. Attendiamo fiduciosi questo passaggio per un provvedimento che, come continuo a ripetere nella mia operazione-verità, non spacca il Paese ma vuole unirlo con la riduzione dei divari, nel segno di responsabilità, trasparenza e buona amministrazione».

Tra gli emendamenti licenziati dai senatori, insieme a quelli delle minoranze, tutti bocciati, c’è quello presentato da Andrea De Priamo di Fratelli d’Italia che, però, nel corso della discussione di ieri è stato “riformulato” secondo le indicazioni del Ministero dell’Economia e che ha animato la seduta. Si tratta di una nota che dovrebbe equiparare i territori d’Italia sui Lep, i livelli essenziali delle prestazioni, garantendo le stesse qualità anche in quelle Regioni che non chiederanno l’autonomia differenziata.

Un’ipotesi che secondo il senatore di Alleanza verdi e sinistra, Tino Magni, «è un’operazione di facciata per far credere che Fratelli d’Italia tiene all’unità del Paese. Nella riformulazione non c’è più solo la richiesta di assicurare le stesse risorse anche alle regioni che non chiederanno l’autonomia, ma che il tutto potrà avvenire solo in coerenza con gli obiettivi di bilancio e di finanza pubblica. Per ridurre le disuguaglianze bisogna stanziare risorse vere, non emendamenti».

Ancor più duro Francesco Boccia, presidente dei senatori del Pd, che oltre a rilevare come «l’emendamento De Priamo abbia la sola funzione di fare in modo che Fdi appaia come la forza politica che salva la coesione territoriale che la Lega ha tradito – sottolinea che – senza fondi il tutto resta un giochino tra i due principali partiti di questa maggioranza, la cui reputazione a questo punto esce gravemente compromessa». E proprio durante la riformulazione dell’emendamento in commissione bilancio Boccia insieme ai senatori delle opposizioni ha abbandonato l’aula perché, a suo parere, «c’è stata disparità di esame tra i nostri emendamenti, per i quali è scattata la “tagliola” (l’inammissibilità senza discussione, ndr) e quello riformulato dal Mef».

Appuntamento, quindi, a martedì quando la nuova legge passerà alla Camera dei deputati per l’approvazione definitiva, licenziando la prima riforma importante del governo di centrodestra, guidato da Giorgia Meloni, a un anno e pochi mesi dal suo insediamento.

Una riforma che anche alcuni esponenti della maggioranza criticano, nonostante in aula si sia assistito a una granitica tenuta della coalizione, come il presidente della Sicilia, Renato Schifani: «L’autonomia differenziata per noi ha un principio inderogabile e cioè garantire che i Livelli essenziali di prestazione (Lep) siano omogenei in tutto il Paese». Quei Lep che diranno se con questa riforma l’Italia sarà «spaccata in due», come sostengono le opposizioni, o sarà «più competitiva», come annuncia il centrodestra.

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