Home Italia Il museo MAXXI di Roma celebra Giovanni Anselmo: in mostra “Oltre l’orizzonte”

Il museo MAXXI di Roma celebra Giovanni Anselmo: in mostra “Oltre l’orizzonte”

Se n’è andato lo scorso dicembre mentre curava questa stessa mostra al “Guggenheim” di Bilbao. Ora il MAXXI a Roma vuole celebrarlo, come merita. “Oltre l’orizzonte” è il ricordo caldo di Giovanni Anselmo, un uomo che ha passato l’esistenza a dare una vita alla materia. L’esibizione è nella “Galleria 5” affacciata sul Flaminio, a Roma.

Torsione

Un video a introdurre la mostra, c’è Anselmo che muove una sbarra di ferro in mezzo a un panno di tela fissato a un pezzo di cemento: strizza il tessuto impedendone il dispiegamento. “Torsione”, questo il nome dell’opera in prestito dalla “GAM” di Torino, è il perfetto svelarsi dell’azione che l’ha partorita. Forze contrarie che si incontrano, si abbracciano. “I miei lavori sono la fisicizzazione della forza di un’azione. Io, il mondo, le cose, la vita, siamo delle situazioni di energia e il punto è proprio non cristallizzare tali situazioni, anzi di mantenerle aperte e vive in funzione del nostro vivere” si sente dire dalla voce dell’artista trasmessa da una vecchia tv. L’ingresso, segnato dai sedici disegni che compongono “Particolare dell’infinito”, è in un ampio spazio aperto, abitato da alcune delle opere più note di Anselmo: Direzione (1967), Entrando nell’opera (1971) in prestito dal MART di Rovereto , Trecento milioni di anni (1969), Per un’incisione di indefinite migliaia di anni (1969), Il panorama con mano che indica (1982 – 84), Lato destro (1970), Tutto (1973 – 2024), Senza titolo (Mangia struttura) (1968).

Proseguendo verso la grande vetrata poi, tra Direzione (Est) e Direzione (Nord) del 1967-1978, un gruppo di opere degli anni Sessanta e l’opera Dissolvenza (1970). Per concludere il percorso “Untitled” (Drinking Structure).

Il percorso

Una strada lunga e non sempre lineare quella di Giovanni Anselmo, l’artista che “fa pensare”. Gli esordi arrivano negli anni Sessanta tra le fila torinesi di “Arte Povera”, etichetta inventata da Germano Celant, varia, troppo, che accoglierà tra le braccia tantissimi esponenti del mondo artistico diversissimi tra loro. La prima mostra personale risale al 1968, nella Galleria Gian Enzo Sperone. La sua cifra stilistica è dominata dalla opera “polimaterica”: materiali inorganici e organici si alternano in composizioni e istallazioni di forte impatto e grande originalità rispetto all’epoca di esordio. Anselmo riuscì a rappresentare audacia, sperimentazione, innovazione nella pittura quanto nella scultura. Al centro la tensione, l’equilibrio. Il dramma della materia un’ossessione ricorrente. Conquistò rapidamente l’attenzione della critica, arrivarono le prime occasioni internazionali, come la mostra di Berna “When Attitudes Become Form” curata da Harald Szeemann nel ‘69, seguita poi dalle partecipazioni alla Biennale di Venezia nel ‘78, nel ‘80 e nel ‘90, anno in cui poi vince il “Leone d’oro per la Pittura”, la soddisfazione, consacrazione.

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