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Manfredonia, i pescatori potrebbero unirsi alle proteste degli agricoltori: «Battaglie vicine alle nostre»

Gli agricoltori si avvicinano alle porte di Roma e nei prossimo giorni potrebbero invadere la Capitale per far sentire la loro protesta sotto le finestre delle sedi istituzionali a partire da Palazzo Chigi, nonostante la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, prima di partire per il Giappone, ha assicurato che «i fondi del Pnrr destinati al settore primario saliranno a otto miliardi di euro» e a sostenere la protesta del mondo delle campagne con le marce dei trattori si potrebbero aggiungere nei prossimi giorni anche i pescatori, in agitazione da mesi contro le restrizioni imposte dall’Unione europea.

Lo affermano i lavoratori del porto di Manfredonia che rivendicano come «le battaglie degli agricoltori siano anche un po’ le nostre». Questo perché rivendicano «di voler contestare normative ingiustificate che potrebbero compromettere molti posti di lavoro in particolare nel Mezzogiorno d’Italia», anche alla luce dell’aumento dei costi di produzione, a partire dal prezzo dei carburanti che fa salire in modo esponenziale le spese per «mettere in acqua i pescherecci».

Allo stesso modo i pescatori non contestano “la transizione verso l’energia green”, ma chiedono di non dover essere i soli a sostenere i costi. Con questo stato di cose non escludono di unirsi alle proteste degli agricoltori. Anche perché nella sola marina di Manfredonia operano oltre mille persone che se non dovessero essere cambiate le politiche europee, a partire dai divieti periodici della pesca a strascico, potrebbero ritrovarsi senza lavoro.

A tutte queste rimostranze va aggiunta la preoccupazione tra quanti operano nel golfo sipontino della approvazione di un progetto per la installazione di 68 pale e turbine per la produzione di energia eolica in mare e di altre 174 a distanza maggiore in direzione di Vieste, che potrebbero trasformare lo specchio d’acqua in un pericoloso labirinto per tutte le imbarcazioni, soprattutto per i pescherecci, compromettendo ancora di più un settore che è “qualificante per la cucina made in Italy”.

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