Home Politica I nodi da sciogliere dalle rendite ai fitti

I nodi da sciogliere dalle rendite ai fitti

Pressione fiscale record nel 2021: è stata raggiunta la soglia storica del 43,5% del Pil. Nel 2022, invece, dovrebbe scendere al 43,1%. È quanto si evince da uno studio della Cgia di Mestre. È stato calcolato che tutto il lavoro svolto dagli italiani fino al 7 giugno (157 giorni lavorativi inclusi i sabati e le domeniche) sarà servito ad ottemperare agli obblighi fiscali dell’anno (Irpef, Imu, Iva, Tari, addizionali varie, Irap, Ires, contributi previdenziali, etc.). «Il livello record di carico fiscale raggiunto nel 2021 – fa notare la Cgia – non è ascrivibile ad un aumento del prelievo imposto l’anno scorso a famiglie e imprese, ma alla decisa crescita registrata dal Pil (+6,6 per cento, ndr) che, dopo la caduta verticale registrata nel 2020 (-9 per cento), ha contribuito ad aumentare notevolmente le entrate». È in questo contesto che in parlamento si sta discutendo della delega fiscale, un provvedimento che deve contenere le linee guida alle quali il governo si dovrà attenere per ridisegnare le regole. Nella maggioranza c’è chi teme un aumento delle tasse celato dietro la volontà dichiarata di mettere ordine. Questi sono i punti più caldi su cui ancora non è stato trovato un accordo.

Il catasto, le prime divisioni
È stato il primo banco di prova per la maggioranza parlamentare in tema di tasse e le divisioni sono emerse sin da subito. L’attuale classificazione degli immobili risale agli anni ‘30 e le rendite furono rivalutate negli anni ‘80. Più di quarant’anni dopo molte case hanno un valore sulla carta che non rispecchia quello reale. Ne consegue che la tassazione, in molti casi, finisce per essere iniqua. Sulla necessità di rimettere mano al sistema sono tutti d’accordo. Il timore dei partiti, però, è che a conti fatti ci si ritrovi di fronte ad un innalzamento delle tasse. Nel centrodestra si parla esplicitamente di patrimoniale mascherata. Il ministro dell’economia Daniele Franco ha dato mandato ai tecnici del Mef di lavorare a un testo alternativo, al fine di evitare il muro contro muro che si è verificato a marzo, quando per due volte, in commissione finanza alla camera, il governo si è salvato per un solo voto.
Due aliquote sui redditi da capitale (del 15% e del 26%)
Tra le ipotesi in campo c’è l’idea di creare una progressività anche nei redditi da capitale, così com’è già per quelli da lavoro. Nel breve termine si tratterebbe di introdurre due aliquote per poi passare a un’unica proporzionale.
Affitti, allarme cedolare secca
Ci sono timori anche per chi affitta casa. Oggi con la cedolare secca ci sono due aliquote: al 21% oppure al 10% per i contratti a canone concordato. Il rischio, per chi osteggia la riforma, è che si registri un aumento della prima al 26%.
L’incognita sul regime forfettario
Il parlamento e il governo sono chiamati a decidere il futuro su una misura che riguarda migliaia di liberi professionisti. La possibilità di pagare solo il 15% delle imposte ha rappresentato una iniezione di fiducia importante per i nuovi lavoratori autonomi. Oggi nella maggioranza c’è chi teme che questo “sconto” fiscale, fino a redditi di 65 mila euro all’anno, si sia trasformato in un privilegio.
Anche su questo punto non c’è unità di visione nelle forze che sostengono Mario Draghi.
La clausola di salvaguardia
È uno degli aspetti su cui si è palesata in maniera più evidente la spaccatura tra centrodestra e governo. La clausola imporrebbe all’esecutivo di rispettare i pareri del parlamento anche sui decreti attuativi della riforma. Un modo per impedire che ci sia nella pratica, anche in una fase successiva alla scrittura della legge, un aumento delle tasse. Un “guinzaglio” che Draghi, pur avendo sottolineato la volontà di non aumentare le tasse, non è disposto ad accettare.

NO COMMENTS

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here

Exit mobile version