Home News Luigi Di Maio: «Il campo progressista può fermare le destre»

Luigi Di Maio: «Il campo progressista può fermare le destre»

Ministro, tutti sembrano fare a gara in questa campagna elettorale per caratterizzarsi come civici più che uomini di partito. I simboli storici della politica italiana continuano ad allontanare?

«Impegno Civico vuole valorizzare, nei fatti, quella parte di Paese che il presidente Mattarella ha definito come i volti e le braccia della Repubblica. Sindaci e amministratori locali, che sono il perno del governo dei territori. Sono convinto che da una parte dobbiamo agire in continuità con l’operato e il metodo del governo Draghi, ad esempio su Pnrr, export, riforma fiscale, dall’altra dobbiamo inaugurare una nuova stagione di valorizzazione dei territori. È lì, infatti, che si giocano tutte le partite più importanti, dal rilancio economico al riscatto sociale. Il nostro motto è “Difendiamo la libertà”, la libertà dei cittadini e di chi amministra ogni giorno tra mille difficoltà».

Impegno Civico nasce anche con l’ambizione di “federare” il mondo di chi vuole andare oltre gli schieramenti tradizionali. Ci state riuscendo?

«Stiamo avendo un ottimo riscontro e sono convinto che andremo oltre il 5%. Tra i nostri candidati ce ne sono tanti alla prima esperienza, tante donne e tanti uomini espressione della società civile. Ma ciò che conta è anche porre solide basi per una progettualità futura. Nel nostro programma abbiamo una serie di proposte trasversali di cui il Paese ha bisogno al di là degli schieramenti e dei colori, dal tetto massimo al prezzo del gas al taglia-bollette. Noi proponiamo, ad esempio, che lo Stato paghi l’80% delle bollette di tutte le imprese, grandi e piccole, fino alla fine dell’anno. Stando ai dati di Confcommercio, 120mila imprese sono a rischio chiusura e 370 mila lavoratori sono a rischio licenziamento. Dobbiamo evitarlo, ci vogliono 13,5 miliardi, e noi siamo pronti a trovarli subito, una volta al governo del Paese».

In Puglia Michele Emiliano è riuscito a tenere insieme realtà politiche di storia e tradizione diverse, riportandole nell’alveo del campo progressista. È una esperienza che, secondo lei, è ancora replicabile a livello nazionale?

«Penso che il campo progressista, a cui apparteniamo come Impegno Civico, sia la sola coalizione che può battere il trio sfascia conti Berlusconi-Meloni-Salvini. Possiamo farlo se ragioniamo e lavoriamo da squadra. Non vogliamo lasciare il Paese a chi ha fatto cadere il governo. Per quanto riguarda le altre liste solitarie, hanno deciso appunto di autoisolarsi e il voto a loro non serve a battere la destra, semmai ad avvantaggiarla. Credo anche che il futuro prossimo di questo campo dipenda molto dalle scelte e dai temi. Noi come Impegno Civico stiamo dando il nostro contributo. Ad esempio siamo gli unici che, oltre a voler introdurre un salario minimo per i lavoratori giovani e meno giovani, vogliamo anche che questo salario sia equo e realmente parametrato al valore, al merito e alle competenze di ciascuna lavoratrice e di ciascun lavoratore. Così come c’è massima attenzione ai giovani: gli under 40 non devono più anticipare nemmeno un euro per comprare casa. Questo è possibile con una garanzia di Stato».

Nella sua idea di campo progressista c’è ancora spazio per il Movimento Cinque Stelle?

«Le do una notizia, il M5s non esiste più. Adesso c’è solo il partito di Conte: quello che ha fatto cadere il governo provocando una profonda instabilità politica, sociale ed economica; quello che riceveva gli endorsement dell’ambasciata russa sulla risoluzione Ucraina; quello in cui è rimasto solo Conte con i suoi scudieri, perché, da Di Battista a Fico, non è rimasto più nessuno. Lo ripeto, questo campo progressista ha un compito fondamentale, ossia contrastare una destra formata dal trio sfascia conti, che con le sue proposte insostenibili rischia di indebitare gli italiani all’inverosimile e bruciare i loro risparmi. Hanno già fatto proposte per 100 miliardi, se vanno al governo c’è la seria possibilità che si replichino i fatti del 2011, quando Berlusconi stava portando il Paese al default e fu costretto a dimettersi, lasciando il posto a un premier tecnico. Adesso noi dobbiamo continuare a rilanciare il Paese, non indebitarlo e commissariarlo. Bisogna stare molto attenti e scongiurare questo rischio».

Per alcuni Mario Draghi è espressione dell’establishment per la storia professionale e gli incarichi ricoperti. Nello stesso tempo è innegabile che proprio la sua autorevolezza gli permetta di essere meno legato ai partiti. Potrebbe essere nuovamente lui a mettere d’accordo tutti qualora non si delinei una netta maggioranza in Parlamento dopo il voto?

«Non è una novità e lo ribadisco, ho la massima fiducia nel premier Draghi. Su un tema come il tetto massimo al prezzo del gas, grazie alla sua credibilità e al lavoro che abbiamo portato avanti, siamo arrivati a porre la questione in termini concreti in Ue e adesso aspettiamo gli sviluppi. Tutto ciò mentre Salvini dice no a questa misura di vitale importanza e il resto della destra fa orecchie da mercante. Con questo comportamento non si fa altro che avvantaggiare Putin, portando acqua e soldi al suo mulino a discapito di famiglie e imprese italiane. Bel patriottismo. Intanto noi al governo ci stiamo continuando a dare da fare sul serio e proroghiamo, per dirne una, il taglio delle accise sulla benzina fino al 5 ottobre. Notate le differenze tra il campo progressista e il trio sfascia conti a destra. Salvini, Meloni e Berlusconi, con le loro amicizie pericolose fuori dall’Italia, non fanno altro che isolare il nostro Paese. Invece noi, con programmazione e visione, le eccellenze italiane le portiamo i tutto il mondo. È quello che abbiamo fatto alla Farnesina con il Patto per l’Export, raggiungendo un record mai visto di 516 miliardi di esportazioni, aumentando le vendite di Made in Italy nel mondo e creando più posti di lavoro in Italia».

L’inflazione sta stringendo in una morsa l’Europa e gli Stati Uniti. Da noi, però, la stagflazione è dietro l’angolo perché l’aumento dei prezzi non è dovuto tanto ad un eccesso di domanda dei beni quanto a un calo dell’offerta. Una situazione più complessa che non si corregge solo con la politica monetaria, come sta accadendo oltreoceano. Il conto della guerra in Ucraina lo pagano soprattutto gli europei?

«Stiamo pagando un conto salatissimo anche in Italia, ma abbiamo reagito con prontezza. Penso al rafforzamento delle partnership energetiche che abbiamo avviato fin dal primo momento: io stesso sono andato in missione in Algeria, Qatar, Congo, Angola, Mozambico, Azerbaijan per chiudere questi accordi. E oggi dipendiamo molto meno dal gas russo. Ma stiamo lavorando su più fronti, un altro passo da fare assolutamente è azzerare l’Iva sui beni di prima necessità. Nel frattempo il trio sfascia conti propone di rinegoziare il Pnrr, distruggendo di fatto il lavoro svolto dal governo Draghi, che finora ha rispettato tutte le scadenze, e bloccando queste risorse fondamentali per i territori».

Tre governi, prima col centrodestra e poi con il centrosinistra. La rottura con il partito-movimento in cui è nato politicamente. Tornando indietro c’è qualcosa che non rifarebbe?

«Su quello che non rifarei ci ho scritto un libro (sorride, ndr). Senza ombra di dubbio rifarei il Reddito di Cittadinanza, che ha aiutato milioni di italiani ad arrivare con più serenità a fine mese. Anche qui, però, la destra entra a gamba tesa e sostiene che vada eliminato. Mi sembra una follia. Il Reddito va migliorato e rafforzato, intervenendo dove non ha funzionato. L’unico modo per difenderlo è votare Impegno Civico, proprio perché facciamo parte della coalizione che può fermare la destra. Ma a Salvini, politico del Nord che fa gli interessi del Nord, tutto ciò non interessa. Quando viene al Sud, te ne accorgi subito: è tempo di campagna elettorale».

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