Home Puglia Bari Ambulante taglieggiato per 11 anni a Bari: condannati i tre usurai

Ambulante taglieggiato per 11 anni a Bari: condannati i tre usurai

Si chiude con la condanna a 4 anni e 8 mesi di reclusione per Nicola Santoro, soprannominato “il Coyote”, e 2 anni ciascuno per i fratelli Giuseppe e Leonardo Intranò, la brutta storia di usura durata oltre 11 anni nei confronti di un venditore ambulante al quartiere Carrassi.

I tre, accusati a vario titolo di usura ed estorsione, avrebbero imposto al commerciante pagamenti a tasso usurario per oltre 148 mila euro, costringendolo a cedere la propria attività e diventare, di fatto, loro dipendente. Le indagini coordinate dal sostituto procuratore Lanfranco Marazia, erano partite da alcune segnalazioni anonime su episodi di usura ed estorsioni nei mercati rionali della città.

Gli investigatori della Squadra Mobile della Questura di Bari avevano documentato, anche attraverso le immagini della videosorveglianza, che Santoro e Giuseppe Intranò andavano ogni settimana alla bancarella della vittima, “prelevando” parte dei profitti, frutto del lavoro settimanale dell’ambulante. Il commerciante, cioè, sarebbe stato costretto a versare una rata che arrivava fino a 700 euro al mese per restituire prestiti ottenuti a partire dal 2010, con tassi fino al 120 per cento, e anche per il “riacquisto della bancarella” di cui Santoro si era di fatto impossessato, riuscendo così ad aggirare il meccanismo di controllo da parte dell’autorità comunale della licenza, della quale non avrebbe potuto altrimenti ottenere la titolarità.

Numerose le persone ascoltate dai poliziotti, “tutte restie, avevano evidenziato gli investigatori, a fornire informazioni sulle condotte criminali in atto, a riprova del clima d’intimidazione che ha caratterizzato tutta l’indagine”.

A fare scattare le indagini era stato un esposto anonimo arrivato in Questura, che raccontava come almeno quattro commercianti fossero vittima delle condotte usuraie del Coyote. Successivamente i potenziali usurati sono stati ascoltati dai poliziotti ma solo uno ha confermato di essere tenuto sotto scacco. Tutte le altre persone non hanno voluto fornire informazioni sulle condotte criminali, proprio a riprova del clima di omertà e intimidazione che ha caratterizzato tutta l’indagine e di cui troppo spesso la città di Bari è ammantata. La Procura, al termine delle indagini, aveva chiesto e ottenuto anche il sequestro preventivo di un importo pari a quella cifra nei confronti degli indagati.

Il caso, poi, è finito all’attenzione della gup Luigia Lambriola chiamata a decidere sulle richieste di condanna presentate dal pm Lanfranco Marazia nell’ambito di un processo con il rito abbreviato. E ha disposto la condanna per tutti i personaggi chiave di questa ennesima brutta storia di usura a Bari. Reato che, quasi sempre, si intreccia strettamente con quello di estorsione: capisaldi di un fenomeno radicato nella tradizione barese e che purtroppo, molti ritengono endemico, mostrando di accettarlo come inevitabile.

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