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Il ritorno a casa di “Gino la Luna”: il capo degli Strisciuglio è rientrato a Ceglie

È tornato a casa, dalla sua famiglia a Ceglie del campo. Lo storico fondatore del clan Strisciuglio, Sigismondo, detto “Gino La Luna” è da ieri nel suo territorio. È arrivato dopo una settimana dalla sua scarcerazione, che ha trascorso in una sorta di “vacanza” forzata.

Qualche giorno utile a prendere aria, dopo 22 anni in carcere, ma anche a lasciar spegnere l’eco del suo ritorno in una città dove gli Strisciuglio sono il clan dominante e dove gli equilibri, soprattutto in alcune zone, vivono un momento di riassestamento. Ha fatto sapere ai “suoi” di non volere clamore, di evitare i fuochi d’artificio e tutte le altre manifestazioni eclatanti, buone solo per attirare l’attenzione delle forze dell’ordine. Un personaggio del calibro di Gino Strisciuglio conosce molto bene la lezione dei siciliani, e sa che il silenzio è il migliore alleato per fare affari indisturbati.

Ora però, su disposizione della Procura, il capoclan sarà sottoposto per la durata di tre anni alla libertà vigilata, e dunque sotto la sorveglianza dell’Autorità di pubblica sicurezza alla quale si è subito presentato. Scadranno invece tra due anni i termini della detenzione di suo fratello Domenico, detto Mimmo, l’altro reggente del clan.

La sua uscita dal carcere di Milano Opera (dove ha trascorso gli ultimi anni) è il frutto di tanta giurisprudenza, curata dal suo difensore, l’avvocato Cristian Di Giusto. Sigismondo Strisciuglio è tornato libero grazie allo “sconto” previsto dalla legge in termini di liberazione anticipata. La cronistoria giudiziaria dell’ultimo anno e mezzo parte dalla sentenza al termine del processo Agorà, nel quale era stato condannato a 14 anni, ritenuto il promotore di un’associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga e alle estorsioni.

“Gino” e suo fratello Domenico avrebbero guidato il clan, ormai egemone su interi quartieri baresi e in molti comuni della provincia, dalle celle in cui erano reclusi. La Corte d’appello, dunque, aveva riconosciuto la continuazione dei fatti con le precedenti sentenze.

Tuttavia, dichiarava più grave l’ultimo reato così da poterlo individuare come pena base su cui applicare gli aumenti in continuazione delle precedenti condanne già espiate, ed evitare la scarcerazione. Successivamente, però, mediante un incidente di esecuzione richiesto dal difensore (risalente al marzo 2021 ma deciso solo ad agosto di quest’anno), la stessa Corte d’Appello ha chiarito i passaggi relativi agli aumenti in continuazione e la Procura Generale ha dovuto predisporre i nuovi cumuli parziali da cui è scaturita la scarcerazione.

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