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Mafia a Bari: la tv di Tommy Parisi, i “regali” ai vigili urbani e i prestanome

Tommy Parisi, sin dagli anni ‘90 cantante neomelodico, voleva una rete televisiva per promuovere immagine e produzioni discografiche. Per questo, ritengono gli inquirenti, gli serviva un prestanome, attivo nel campo delle frequenze televisive e delle programmazioni, al quale intestare fittiziamente la proprietà della “sua” tv.

È uno degli aspetti che emergono dalle carte della maxinchiesta “Codice Interno”, che ha svelato i rapporti tra politici e mafia per le consultazioni elettorali delle comunali nel 2019, e che ha portato all’arresto, tra gli altri, dell’ex consigliere regionale Giacomo Olivieri, di sua moglie e del suocero.

Nella giornata di ieri è stato eseguito un nuovo decreto di sequestro di beni per 12 milioni, emesso dalla sezione Misure di prevenzione del tribunale di Bari, a carico di 13 persone, tra i quali proprio Tommaso Parisi, figlio del capoclan Savinuccio, l’altro boss del quartiere Japigia Eugenio Palermiti, suo figlio Gianni e sua nuora Anna Pascazio, più altri sodali ritenuti prestanome dei clan.

La rete televisiva di Tommy

È questa la storia di quando, secondo quanto ricostruito dagli investigatori della Squadra Mobile di Bari (coordinati dal dirigente Filippo Portoghese), a marzo del 2017 si rivolge a Ruggiero Polli Diomede, intestandogli prima il 51 per cento e sette mesi dopo il 100 per cento della società Arca Puglia srl, proprietaria di alcune frequenze televisive. La scelta, per gli inquirenti, non è casuale: Polli Diomede è sposato con Maria Antonia Sguera, il cui nonno nel 1976 fondò Tele Barletta, che in seguito si trasformò in Tele Regione Color. Ruggiero Polli Diomnede ha fatto parte degli organi di controllo e di amministrazione di Tele Regione, a partire dal 2005, maturando una lunga esperienza della quale Tommy Parisi si avvarrà per la gestione della rete televisiva. Ed è ad aprile 2017, ricostruiscono le carte dell’inchiesta che Arca Puglia srl acquisisce le frequenze di Telesveva 24.

Le intercettazioni

È in quel periodo che le microspie della polizia registrano le conversazioni tra i due che vertono, principalmente sulle strategie di espansione dell’azienda e, in particolare, sull’acquisizione di nuove frequenze che consentano ad Arca Puglia di raggiungere nuove aree di diffusione e più alti livelli di definizione.

Tommy: «Allora, mi ha chiamato quello di … per la cronaca, no? Quello mi ha chiamato, vabbè 20 voleva, il canale era dal 250 al 280 in su».

Polli: «Eh, Puglia e Basilicata».

T.: «Capito?».

P.: «Senti, ma ti conviene?».

T.: «No, assolutamente no … giusto che ti volevo rimanere informato».

P.: «Vabbè, ma già a me quando mi dicono “venti”, dico aspetta!».

T.: «Lo so, infatti l’ho fatto parlare poi alla fine ho detto “no, non mi serve perché ho preso un canale più sotto e l’ho pagato 5mila euro».

P.: «Venti facevi tutta la televisione, Tommà».

La puntata a singhiozzo e l’espansione in Campania

I due, nel corso della conversazione telefonica, discutono di banda alta e qualità della trasmissione.
Polli: «Ah, lo sai perché poi lunedì andava a strattoni?».

Tommy: «Perché?».

P.: «Quelli, siccome avevano smontato già tutto, ti hanno messo un decoder diciamo di cavolo, e andava in nero, cioè il segnale lo perdeva e lo agganciava, lo perdeva e lo agganciava!».

T.: «Sì, ma non gliela pago quella puntata, se lo scordano!».

P.: «Ma infatti, assolutamente, dopo te lo volevo dire, contestagliela, cioè nel senso, dici “scusami, ma mi avete fatto fare una brutta figura”, gli dici “me lo potevate dire, non andavamo in onda”».

T.: «Ma perché dice “Ma io glielo avevo detto a Tommaso che era l’ultima”. E che c’entra questo, scusa?».

P.: «A quel punto era meglio non andare in onda e non che fa schifo».

T.: «Ma infatti non gliela pago».

P.: «Hai fatto bene comunque, anche se Puglia e Basilicata , tu se vuoi, ottomila euro Puglia e Basilicata ce lo prendiamo, ma sennò nemmeno quello ti diamo».

T.: «A noi ci serve la Campania, che io sto qua, ti sto parlando già».

Ma nella maxinchiesta, come svelano anche i collaboratori di giustizia, ci sono anche altre figure, che per ruolo istituzionale, avrebbero dovuto vigilare sulla vita quotidiana. Il superpentito Domenico Milella racconta di Mino Fortunato: «Aveva rapporti con il Comune. Politica non lo so, poco e buono, poco e bene, cioè non so, poco. Case popolaro, ce li ha tutti questi intrallazzi qua, però non faceva vedere niente, ognuno lo teneva per sé, che era una strada sua si dice, era come un tipo, una strada del Comune, allora diventava …».

E poi aggiunge: «Conosce qualche vigile, però a livello, sai: doveva fare il controllo sulla casa popolare e il vigile non andava, non andava proprio». Il collaboratore parla di «cestini fissi a Natale, pesce, e poi qualcosa di soldi sicuramente la dava. Mi ricordo che a uno, perché me la venne a cercare a me, una bicicletta elettrica, disse a me “Glielo devo regalare a uno”, o del Comune o era un vigile».

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