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Il rutiglianese Dell’Edera, team manager della Nazionale di tennis: «Coppa Davis emozione unica»

Michelangelo Dell’Edera è direttore dell’Istituto superiore di formazione “R. Lombardi” e team manager della Nazionale italiana di tennis. Famiglia originaria di Rutigliano, 51 anni, è tornato in Puglia con la Coppa Davis per il Trophy Tour che ha fatto tappa a Bari e Taranto.

A distanza di tre mesi, cosa si prova per aver riportato la Coppa Davis in Italia dopo 47 anni?

«È ancora un’emozione fortissima pensare che a novembre, a Malaga, i nostri ragazzi hanno compiuto un’impresa storica, straordinaria. In quei giorni non ce ne rendevamo conto, ora la stiamo percependo di più. L’Italia del tennis è stata incollata alla tv, aspettava questo trofeo che ci mancava da una vita».

Qual è il complimento più bello che ha ricevuto?

«Mi sono arrivati migliaia di messaggi di congratulazioni, quelli che mi hanno fatto più piacere sono giunti dalla base, dai 17mila insegnanti delle nostre duemila scuole-tennis in tremila circoli affiliati».

Lei da due anni è team manager della Nazionale: il gruppo come ha vissuto la vittoria?

«Ho visto crescere questi ragazzi, dalla semifinale persa un anno fa al trionfo in Spagna. La forza di Sinner, Sonego, Arnaldi, Musetti, Berrettini e Bolelli è essere sempre disponibili verso gli altri e questo significa essere leader, non egoisti. Così hanno formato una grande famiglia».

Un aneddoto di quei giorni, tra i tanti, che le va di raccontare?

«Negli spogliatoi, dopo il match con la Serbia, dissi a Sinner che l’ITF, la federazione mondiale del tennis, ci aveva multati e tolto a lui dieci punti dalla patente, perché il suo diritto andava oltre 160 km/h».

A proposito di Sinner, abbiamo ancora negli occhi la sua prima vittoria in uno Slam, agli Australian Open. Che rapporto ha con lui?

«Lo conosco da quando era ragazzino. Jannik ha sempre vestito la maglia azzurra e già a 9 anni mostrava il suo talento. La sua crescita tennistica è evidente: è nato come attaccante da fondo campo, negli ultimi tre anni ha cambiato tre volte la sua strategia di gioco e questo dimostra la grande intelligenza tennistica e la capacità di migliorarsi sul piano tattico e tecnico. Insomma, studia da numero uno per diventare un giocatore universale».

Possiamo dire che l’Italia è diventata una potenza mondiale nel tennis e che c’è un sistema Italia da imitare?

«Direi di sì. Da dieci anni siamo Gold Institute, ovvero l’ITF ci riconosce fra i primi dieci istituti di formazione al mondo. Siamo l’unico istituto di formazione per insegnanti che si occupa di settore giovanile e questo ci ha permesso di decentrare la nostra attività. Una nuova metodologia di insegnamento nata nella nostra terra, in Puglia, con il Centro Tecnico regionale di Bari dove venivano ad allenarsi Flavia Pennetta e Roberta Vinci. Un sistema didattico proiettato a livello nazionale e che da 13 anni sta dando grandi risultati».

A proposito di Puglia: ci sono diversi ragazzi in rampa di lancio…

«Più che i nomi dei giovani tennisti mi piace fare quelli dei maestri e quelli pugliesi sono tra i top in Italia. E quindi dico Raffaele Gorgoglione a Bari e Andrea Trono a Lecce, eccellenze nell’ambito del nostro percorso didattico. Il tennis pugliese è in grande salute e ci saranno nuovi Pozzi, Pennetta e Vinci, per la qualità degli insegnanti e dei ragazzi ma anche di dirigenti come Dodo Alvisi, vicepresidente della Fit, Donato Calabrese, consigliere responsabile del progetto “Racchette in classe” e Francesco Mantegazza, presidente della Federtennis regionale, che hanno competenza e passione».

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