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Paziente aspetta 12 ore per il ricovero, la replica del direttore del Pronto soccorso del Policlinico di Bari

«Siamo stati tra i pochi pronto soccorso a non andare in affanno per il Covid, merito del duro lavoro del personale e della riorganizzazione degli spazi». A parlare è Vito Procacci, direttore dell’Unità di emergenza-urgenza del Policlinico di Bari, che replica alla denuncia di un paziente sui “trattamenti” ricevuti nel pronto soccorso. «Non mi spiego – dichiara il direttore – il racconto fatto dal paziente. È arrivato qui con un’infezione alle vie urinarie e, dopo una prima visita, è stato individuato un versamento pleurico che avrebbe potuto rendere l’infezione mortale». Sulla presunta sistemazione in corridoio, il direttore specifica: «Abbiamo compiuto una radicale risistemazione degli spazi all’interno del pronto soccorso, che ora può contare su un vestibolo e una sala che ospita quattro-cinque pazienti costantemente monitorati per le loro condizioni di salute. Il paziente è stato sistemato in semi-intensiva – prosegue Procacci – area che abbiamo ricavato proprio per gestire l’iperflusso all’interno del pronto soccorso».

Sul mancato spostamento nel reparto di Urologia, il direttore spiega: «Noi gestiamo le emergenze-urgenze, e la cartella clinica di quel paziente era molto grave: se è rimasto da noi è perché ne aveva bisogno. Non avrebbe avuto senso trasportarlo in Urologia: occorreva monitorare costantemente la sua salute. E lo abbiamo salvato: per questo è tornato a casa dopo 12 giorni».

Certo, le condizioni di lavoro all’interno del pronto soccorso sono spesso molto faticose, e il direttore lo riconosce. «Il nostro è un duro lavoro – dichiara – ma mi sento di ringraziare tutto il personale per lo spirito di sacrificio e abnegazione che ci mette nel salvare le vite umane. I problemi ci sono – prosegue Procacci – il sistema sanitario è stato messo in ginocchio, prima dai tagli, poi dal Covid. Per questo tutti i pronto soccorso lavorano con una pressione costante: infermieri, medici e ausiliari danno il meglio per evitare situazioni di emergenza». La pandemia ha, infatti, cambiato anche il modo di percepire il sistema sanitario, e il direttore Procacci lo sa benissimo. «La medicina è cambiata – dichiara – e oggi si ricoverano solo le persone con gravi criticità: per questo, ribadisco che se quel paziente è rimasto qui è perché aveva bisogno di noi». Un lavoro duro e costante, quindi «ma purtroppo, poco riconosciuto – conclude Procacci – e i giudizi aprioristici ci mortificano».

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