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Scacco al clan Annoscia ad Altamura: il ruolo di Alceste Cavallari, figlio dell’ex “re Mida” della sanità

Carichi di droga spediti come libri o elettrodomestici acquistati on line, novelli Amazon del narcotraffico, con il Gps all’interno per tracciarne i movimenti.

E, sullo sfondo di una Spagna florida di hashish e marijuana, i rapporti affaristici con fornitori non sempre attenti, ma gestiti puntualmente da Alceste Cavallari, figlio dell’ancora più noto Francesco, negli anni ‘80 re Mida della sanità privata pugliese, deceduto a Santo Domingo nel gennaio 2021. Alceste detto “Gianki” dagli amici, “il Dottore”, come gli altri trafficanti lo chiamavano, “Salvador Moreno”, pseudonimo per la consegna dei pacchi al suo indirizzo, con un precedente importante: l’arresto tre anni e mezzo fa, a Grenoble in Francia, con un carico di 36 chili di droga.

Il suo nome compare centinaia e centinaia di volte in tutta l’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Salerno, in buona parte delle intercettazioni che compongono l’ossatura dell’indagine. Lui che parla con gli altri organizzatori, che scrive messaggi via Signal (la piattaforma di messaggistica difficile da intercettare) ai fornitori, che controlla le spedizioni andando personalmente in Andalusia e si informa su nuovi canali di approvvigionamento, cura i rapporti con i referenti delle altre zone, soddisfacendo le richieste degli amici “avvocati” baresi, ricevendo personalmente nelle sue abitazioni i carichi di hashish e marijuana.

Ieri mattina, quando i carabinieri del Nucleo investigativo sono andati a notificargli la misura cautelare in carcere, in casa hanno trovato 3 chili di hashish, 60 grammi di marijuana e altri 70 di cocaina. E dalle carte dell’inchiesta si scopre anche che Alceste Cavallari, facendo tesoro della sua esperienza in Francia, si sente di sponsorizzare con i sodali un “amico”, conosciuto in passato e appena tornato libero dopo essere stato detenuto: «Questo è uno spacciatore di Montpellier – spiega a Giuseppe Calia dopo aver chiuso la conversazione telefonica con Pierre – che è la città più viziosa della Francia… Doveva uscire prima di me, è uscito ora … Una settimana fa con il braccialetto. Però lui parla solo francese, ora aspettiamo un po’».

Alceste Cavallari fa la bella vita, così la racconta, tra donne a colazione e curate residenze durante i viaggi di “lavoro”, ma non gli credono e di lui dicono: «Forse non ti è chiaro, il padre è morto. Il padre era di Savino Parisi e a quello dopo 24 anni gli è caduta l’associazione di stampo mafioso, gli hanno rovinato la vita – dice Calia a Continisio – Ragazzo, quello lo Stato ha sequestrato 300 milioni di proprietà, sequestrati dallo Stato, in più 10 milioni di euro sequestrati, e i soldi li prende a breve, li dovrebbe prendere a breve». E quando l’interlocutore gli chiede: «Ma lui adesso sta senza soldi, sta “piombo” proprio, sta disastrato», Calia risponde: «Stiamo lavorando, sta lavorando con me. Ragazzo, quello è dottore commercialista che quello fu arrestato tre anni fa in Francia che stavamo facendo un trasporto. Stavo io avanti, e quello dietro fu arrestato».

Nell’ambito della stessa inchiesta, la Dda ha richiesto e ottenuto dal gip il sequestro preventivo di un’abitazione, una Fiat 500 e alcuni conti correnti riconducibili a Maria Scalzo (moglie del responsabile della piazza di Altamura e sorella di un altro sodale) e a Donato Facendola. Secondo le indagini, esiste una sproporzione del patrimonio dei due indagati, alla luce dei redditi invece dichiarati. Una scelta, quella del sequestro, che segue il doppio binario del contrasto ai clan, non solo quindi di tipo repressivo ma anche e soprattutto patrimoniale, andando a “toccare i portafogli” dell’organizzazione criminale.

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