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Giuliano Amato a Trani per i “Dialoghi”: «Riforme, i referendum sono da evitare» – L’INTERVISTA

Il potere esecutivo va rafforzato, ma senza sacrificare ulteriormente il ruolo del Parlamento. E la vera riforma che serve all’Italia resta quella degli apparati pubblici. Non ha dubbi Giuliano Amato, politico di lungo corso e costituzionalista tra i più autorevoli al mondo. Oggi alle 17, in piazza Quercia a Trani, l’ex presidente del Consiglio e della Corte costituzionale discuterà di diritti e democrazia con Donatella Stasio e Giancarlo Fiume, prendendo spunto dal suo ultimo libro dedicato al ruolo della Consulta nella società italiana.

Presidente, partiamo dal suo libro. Perché la Corte costituzionale, pur svolgendo un fondamentale ruolo di garanzia della legalità delle leggi, è percepita dalla gente comune come un’istituzione distante?

«Succede perché la Corte costituzionale è sopravvenuta a istituzioni alle quali siamo, per così dire, più abituati. Eppure si devono alla Corte alcune decisioni che hanno cambiato la vita degli italiani. Penso alla sentenza che ammise le donne ai concorsi pubblici, a quella che depenalizzò l’interruzione di gravidanza e a quella più recente sul suicidio assistito».

Di qui la necessità del libro?

«Il lavoro di comunicazione delle decisioni della Corte risponde alla necessità di informare i cittadini su certe questioni. E poi c’è un altro elemento che mi ha impressionato. Mi è stato riferito che, molto spesso, i tassisti romani accompagnano i clienti diretti alla Corte costituzionale non in piazza del Quirinale ma in piazza Cavour, sede della Corte di cassazione: segno che non tutti conoscono la Corte costituzionale».

Arriviamo all’attualità. Il Parlamento europeo ha votato una risoluzione per rinnovare il sostegno militare all’Ucraina in chiave anti-russa. Sul punto 8, quello che prevedeva la possibilità che le armi occidentali fossero usate dagli ucraini in territorio russo a scopi difensivi, le coalizioni europee si sono spaccate e i partiti italiani hanno votato discostandosi dall’orientamento dei rispettivi schieramenti. Che cosa pensa di questo voto “pasticciato”?

«Capita quando una istituzione come il Parlamento europeo può esprimere un orientamento che è puramente ottativo, quindi una semplice raccomandazione. Quanto al punto 8, sono stupito dal voto di chi, pur essendo contrario all’utilizzo delle armi occidentali in Russia, si è poi espresso a favore della risoluzione. Citando Giampiero Massolo, dico che l’Italia è una Repubblica fondata sul “ma anche” che cancella il principio di non contraddizione».

Sempre in tema di Europa, un pugliese come Raffaele Fitto è stato nominato commissario alle Riforme e alla Coesione: chi esce più rafforzato da questa scelta? L’Europa, l’Italia o il governo Meloni?

«Conosco Fitto da quando era ragazzo e lo stimo perché – mi spiace per Fratelli d’Italia – ha le caratteristiche della scuola che formava i dirigenti della Democrazia cristiana. Gli hanno insegnato a fare politica e a studiare i dossier. E così è diventato non un “politico politichese”, ma un politico che sa le cose. Quanto al suo portafoglio, credo che sia abbastanza forte perché corrisponde a quello che ha finora gestito in Italia, ma il coordinamento che ha come vicepresidente della Commissione è meno forte di altri. Per il resto, non sopporto l’idea di valutare ciò che accade in termini di vittoria dell’uno o dell’altro: situazioni e persone vanno misurate per i risultati che producono, non per l’occhio pesto che ne deriva».

Tra autonomia, premierato e giustizia, le riforme procedono tra polemiche e contraddizioni, ma quale sarebbe la riforma veramente utile al Paese?

«Senza dubbio una riforma degli apparati pubblici che sia in grado di garantire loro una forte efficienza. Sono anni che ci lavoriamo, ma non ci siamo ancora riusciti. L’obiettivo è avere amministrazioni che funzionino con competenza e rapidità. E poi serve un rafforzamento del potere esecutivo che, però, non vada a carico del Parlamento il cui ruolo è già ridimensionato».

Sono riforme che dividono…

«Mi auguro che gli schieramenti, abbandonando la “politica dell’occhio pesto” di cui abbiamo parlato, concordino una riforma costituzionale che eviti il referendum: gli italiani non devono dividersi sulla Costituzione che è una delle poche cose che li uniscono».

Tra le riforme si parla anche di terzo mandato, obiettivo che tanto il presidente campano De Luca quanto il pugliese Emiliano sembrano intenzionati a centrare: che cosa ne pensa?

«Il ricambio fa parte della democrazia funzionante. Non mi sembra, tuttavia, che un terzo mandato metta a repentaglio la democrazia».

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