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La musica dai lager: da Praga fino a Barletta, ecco i nuovi documenti del prigioniero Rudolf Karel

«Questo è un sogno che si fa storia e oggi la ricerca musicale concentrazionaria ha un istituto, un piano editoriale, 4 progetti internazionali aggiudicati alla Fondazione Ilmc, finalizzati a viaggi, ricerca, scansione del materiale, acquisizione manoscritti, archiviazione; e infine la “Cittadella della Musica Concentrazionaria” che sorgerà a Barletta sul sedime della ex Distilleria e che finalmente, grazie all’accordo di programma firmato da tutti i partner istituzionali, marcia verso la realizzazione». Queste le parole del musicista Francesco Lotoro, socio fondatore dell’Istituto di Letteratura Musicale Concentrazionaria di Barletta, sui nuovi documenti musicali giunti da Praga e scritti in prigionia dal compositore ceco Rudolf Karel a Pankrác; il figlio Ivan ha consegnato i fogli di carta velina e carta igienica: questi documenti da soli valgono l’intera Cittadella che sorgerà a Barletta.

«Determinazione e perseveranza acquisiscono maggior valore se a beneficiarne è un territorio, una città, una regione; negli ultimi mesi questa ricerca ha segnato importanti tappe nell’acquisizione dei manoscritti musicali creati in prigionia», prosegue Lotoro.

Il 19 marzo del 1943 Karel fu arrestato dalla Gestapo e incarcerato a Pankrác, sottoposto a interrogatori e torture e interdetto dallo scrivere; essendosi ammalato, trascorse lunghi periodi nell’infermeria e qui iniziò a scrivere musica. Per scrivere utilizzava matite o carbone vegetale, scriveva su carta igienica o carta velina che il sovrintendente del penitenziario Müller trasferiva fuori dal carcere, recapitandoli ai familiari di Karel.

Scoperto, il sovrintendente fu arrestato e Karel nel 1945 fu trasferito presso la Kleine Festung di Theresienstadt; le sue già critiche condizioni di salute peggiorarono e contrasse altresì la polmonite, morendo per ipotermia la notte del 5 marzo 1945. «Conosco Ivan, figlio di Karel, dal 1991, cioè da quando cominciai a recarmi a Praga quattro volte all’anno; quella con Ivan è un’amicizia che va oltre la ricerca. Da allora ho visto Ivan invecchiare ma essere sempre quell’amico pronto a consigliarmi, a fornirmi materiale o scrivere a musei e archivi sperando con una sua raccomandazione di darmi accesso a documenti. Il padre di Ivan aveva 65 anni quando morì, oggi Ivan ne ha 96 e questo girotondo della vita è un aspetto non secondario di questa ricerca», conclude Lotoro.

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