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Omicidio Cilli a Barletta, il giudice: «Maturato negli ambienti dello spaccio di droga»

L’omicidio di Michele Cilli a Barletta sarebbe maturato «senza ombra di dubbio» nell’ambito del «controllo sulle piazze dello spaccio gestito dal clan Sarcina». È quanto scrivono i giudici nelle motivazioni della sentenza che ha portato alla condanna del 34enne Dario Sarcina a 18 anni e 8 mesi di reclusione e Cosimo Damiano Borraccino, anch’egli 34enne, accusato di soppressione di cadavere, a 5 anni e 8 mesi di carcere.

La sentenza è stata emessa dal gup del Tribunale di Trani, Ivan Barlafante, lo scorso 30 marzo.

A confermare che Cilli era invischiato in vicende legate allo spaccio di sostanze stupefacenti, è stata l’agendina ritrovata nel corso delle indagini nella sua stanza in cui erano appuntati «nomi e cifre riconducibili alla tipica contabilità tenuta nel traffico di stupefacenti», scrive il giudice.

Nelle 176 pagine delle motivazioni si spiega anche che «già tre anni» prima della sua scomparsa e morte, il 24enne «era stato minacciato da Sarcina»: a dirlo alcuni testimoni ascoltati dagli investigatori. Scavando nella vita della vittima si arriva poi al 2014 quando, ancora minorenne avrebbe partecipato all’agguato ai danni di uno dei pusher al soldo del gruppo capeggiato dai Sarcina.

Un ferimento che, per il giudice, ha comportato «le ripercussioni e le conseguenze nei rapporti tra Michele Cilli e Dario Sarcina».

«Il delitto non era stato programmato per quella sera» ovvero nella notte tra il 15 e il 16 gennaio 2022 per «le circostanze accertate e» per «la mancanza da parte» di Sarcina «di approntare e addurre più adeguate e logiche circostanze della scomparsa di Cilli e di costruire un alibi più solido a suo favore».

Come le spiegazioni fornite agli inquirenti sulle ferite alle mani: l’uomo avrebbe riferito di una lite con la moglie e di un pugno contro uno specchio. I referti medici invece, definiscono le lesioni «da taglio, avendo margini netti e profondi» e di nessuna estrazione di frammenti di specchio dalle ferite.

«La condotta omicidiaria – continua il gup – posta in essere da Sarcina» è «stata condotta da dolo intenzionale» che, «senza agire con premeditazione», ha approfittato «dell’incontro col ragazzo» in un bar della città e «lo abbia fatto allontanare con una scusa per condurlo nel box di via Ofanto, usato dal fratello, e ucciderlo» per poi avvalersi di Borraccino «per disfarsi del cadavere».

Per il gup «la mancata scoperta del corpo» del 24enne «e le modalità esecutive dell’omicidio qualificano in modo negativo la condotta contestata a Sarcina esaltandone la capacità criminosa, la freddezza nell’ideazione, la precisione nell’esecuzione e infine, l’efficacia nella soppressione del corpo». I due sono stati anche interdetti «in modo perpetuo» dai pubblici uffici.

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