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Gestione delle dune costiere, la Regione Puglia ora apre al dialogo: «Pronti a rivedere le legge»

La Regione Puglia è pronta a rivedere la legge che ha corretto la gestione delle dune costiere che i comuni possono concedere in gestione agli stabilimenti balneari.

Un testo approvato nove mesi fa che solo nelle ultime settimane ha scatenato la dura reazione degli ambientalisti. Da ultimo l’associazione Italia Nostra che boccia nel merito e nel metodo l’intervento regionale definito inopportuno e potenzialmente minaccioso per le dune, cumuli spontanei di sabbia disegnati dal vento che hanno creato un contrasto naturale fra l’entroterra retrodunale e rurale, resistendo con le loro masse di terra, macchia mediterranea e poseidonia alle azioni erosive del mare.

L’associazione cita ad esempio le dune che si stagliano da Rosa Marina al Pilone e a Torre Canne fra Ostuni e Fasano o nel tarantino a Torricella, Maruggio, San Pietro in Bevagna o, ancora, le dune di Porto Cesareo e di Torre Lapillo.

«Per la Puglia i cordoni dunari rappresentano il principale bene paesaggistico eco-sistemico da assoggettare a tutela, da conservare “senza se e senza ma”, financo con la posa in opera di passerelle “reversibili” comunque invasive. Un patrimonio d’inestimabile valore paesaggistico-ambientale, insomma, di cui prendersi cura», avverte la presidente di Italia Nostra, professoressa Raffaella Cassano.

«Nessuno pensa il contrario», spiega all’Edicola del Sud il vice presidente regionale Raffaele Piemontese.

In dettaglio la norma offre ai comuni la facoltà di dare in concessione i tratti di costa su cui insistono le dune obbligando i gestori a tutelarli.

Un incombenza da richiedere nero su bianco nell’istanza di concessione che, stando all’interpretazione regionale, rafforza la salvaguardia.

«Si tratta di concessioni finalizzate – spiega Piemontese – che limitano la gestione dell’area del cordone sottoponendola alla realizzazione di un progetto di recupero della duna stessa da allegare alla domanda».

«Non è quindi il liberi tutti, ma un rafforzamento delle azioni per la salvaguardia di aree di demanio marittimo particolarmente delicate e necessitanti di forte tutela».

Non a caso restano in piedi tutti i vincoli precedenti in capo al concessionario.

L’articolo 56 delle Nta, al terzo comma, prevede infatti che fatta salva la procedura di compatibilità paesaggistica si possono ammettere i piani di salvaguardia che prevedono la realizzazione di passerelle o strutture similari per recuperare la duna.

Mentre al quarto comma addirittura si sollecitano interventi di rifacimento dei cordoni degradati. In altri termini, il concessionario deve presentare un progetto di cura, recupero o salvaguardia della duna in cambio della concessione e potrà realizzarlo solo dopo aver scontato l’attenta istruttoria comunale, acquisito tutti i pareri previsti e nel rispetto dei vincoli e limiti. Su tutto vigileranno i comuni a cui è stata stanziata una somma di 100 mila euro, in realtà insufficiente per il gravoso impegno.

Su questo ed altri punti, però, la Regione Puglia apre al dialogo con gli ambientalisti che, dal canto loro, restano guardinghi. Di più, Italia Nostra si spinge a chiedere di annullare la modifica ripristinando il testo originario ed invocando in tal senso anche il coinvolgimento del Ministero della Cultura, garante di tutele ope legis, dei poli universitari pugliesi (Unisalento, Uniba, Politecnico e Università di Foggia), del Cnr, di tutti gli Ordini professionali degli architetti, Ingegneri, geologi, agronomi, del Forum regionale dell’Ambiente, dei Forum comunali locali e di quei cittadini che hanno ancora a cuore la tutela dei cordoni dunari e degli habitat naturali ad essi intrinsecamente correlati.

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