Home Cronaca Bollette troppo alte, Ceramiche Colì spegne i forni per passare al gpl

Bollette troppo alte, Ceramiche Colì spegne i forni per passare al gpl

Fratelli Colì spegne i forni per riconvertire gli impianti. I dipendenti non hanno esitato a lavorare anche le domeniche per conservare il posto di lavoro. Il caro energia continua a lasciare il segno nel territorio e la notizia fa molto più rumore quando ad essere colpita è una azienda storica salentina. Si tratta della Fratelli Colì srl di Cutrofiano, nota azienda produttrice dei figuli, che ieri ha spento i forni dello stabilimento nel quale da 50 anni si producono gli articoli di artigianato noti in tutto il mondo e la cui origine risale al 1650.

«Si tratta di una scelta sofferta, ma inevitabile – afferma Antonio Colì, titolare dell’azienda – in quanto i costi del metano sono diventati insostenibili. Se si pensa che il nostro costo giornaliero di energia fino al 30 settembre era di 400 euro e che dal 1 ottobre sarebbe passato a 5.100 euro, si capisce perché abbiamo deciso di riconvertire i nostri impianti che, dal mese di novembre, saranno alimentati a propano, il cui costo è sicuramente più sostenibile, si stima infatti un costo giornaliero di 1.200 euro».

L’imprenditore, nonché presidente nazionale di Confartigianato Federazione Artistico e della Cooperativa di Garanzia L’Artigiana Lecce, racconta che la situazione anche a livello nazionale è drammatica. Vi sono aziende nel centro Italia che sono state costrette a mettere in cassa integrazione i propri dipendenti. Il presidente rivolge un pensiero ai colleghi del distretto ceramico modenese-reggiano nel quale si concentra il 90 per cento delle aziende italiane produttrici di piastrelle con quasi 20mila dipendenti e oltre 6 miliardi di euro di fatturato, messo duramente alla prova dal caro-energia.

Era stato proprio Antonio Colì ad accendere i riflettori sul problema la scorsa primavera, quando aveva dichiarato che gli aumenti delle materie prime e delle forniture energetiche avrebbero messo a dura prova il tessuto economico locale. Da allora la situazione si è aggravata ed i ristori messi in atto dal governo non sono stati sufficienti, se si pensa alle aziende che sono state costrette a chiudere ed a quelle che hanno fatto ricorso allo strumento della cassa integrazione anche nel territorio salentino.

«Ho la fortuna di avere dei collaboratori che ormai sono come una famiglia – prosegue l’imprenditore – che non ha avuto esitazioni, per evitare licenziamenti e cassa integrazione, a lavorare nel mese di agosto e settembre delle ore in più, domeniche comprese, per compensare il fermo del mese di ottobre. I dipendenti riceveranno regolarmente lo stipendio in attesa di riprendere a lavorare nel mese di novembre, e ci auguriamo anche prima. Il lavoro non manca, i clienti hanno continuato a darci la loro fiducia nonostante gli aumenti che siamo stati costretti ad attuare».

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