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Puglia terra dei “furbetti”: danni per oltre 5 miliardi. Solo Calabria e Campania fanno peggio

Tra evasori totali, truffatori e furbetti la Puglia si piazza sul podio, al terzo posto, tra le regioni italiane ad alta infedeltà fiscale. Lo ha rilevato l’ultimo rapporto della Cgia di Mestre, che incrociando i dati del ministero di Economia e Finanze e di Istat, ha fotografato il fenomeno sociale su scala nazionale. In Italia l’ammontare delle tasse e dei contributi previdenziali evasi nel 2021 (ultimo dato Mef disponibile, ndr) supera gli 83 miliardi e 600 milioni di euro e l’evasione si attesta all’11,2 per cento. In altri termini incrociando il Pil, i dati ministeriali e le stime sulle imposte evase, ogni 100 euro incassati dall’erario, 11,2 restano indebitamente nelle tasche dei frodatori. Nel tacco d’Italia la piaga sociale si palesa in forma ancora più grave con 5 punti in più rispetto alla media nazionale.

In particolare nel territorio pugliese l’ammontare delle tasse e contributi previdenziali non versati ammonta a 5,5 miliardi di euro e l’incidenza della evasione fiscale sale al 16,8 per cento: in pratica per ogni 100 euro incassati dal fisco, 16,8 euro finiscono dritti nelle tasche dei furbetti. La Puglia è preceduta solo da Calabria, dove l’infedeltà fiscale è del 18,4 per cento e dalla Campania (17,2 per cento). All’estremo opposto della classifica troviamo la Provincia Autonoma di Trento e la Lombardia, rispettivamente circa 8 euro sfuggiti ogni 100 di entrate per lo Stato).

A Bari e dintorni, il fenomeno si attesta al 16,8% e fa sì che allo Stato siano negati quasi cinque miliardi e mezzo. Rispetto alla Calabria, dunque, la Puglia conta meno evasori, ma le somme non versate sono ben più consistenti. In graduatoria tra le regioni del Mezzogiorno tiene il passo in negativo anche la Basilicata, il cui tasso di infedeltà fiscale tocca il 13,4% e le tasse non pagate raggiungono quota 777 milioni. L’altra faccia della medaglia riguarda invece la cifra che lo Stato riesce a recuperare.

Dal 2022 al 2023, infatti, la somma è aumentata da 20,2 a 24,7 miliardi di euro. Il merito di questo risultato? Secondo l’Ufficio studi della Cgia di Mestre, determinanti si sono rivelati l’applicazione della compliance, l’introduzione della fatturazione elettronica e dell’obbligo dell’invio telematico dei corrispettivi, ma anche gli effetti dello split payment in capo a chi lavora con la pubblica amministrazione e del reverse charge per le aziende attive nel settore delle costruzioni. Decisiva, dunque, la tecnologia, che ha offerto e continua a offrire un enorme contributo alla lotta all’evasione fiscale molto più del carcere. L’aumento della somma complessivamente recuperata dal fisco coincide, infatti, col calo del numero delle persone arrestate per violazioni penali di natura tributaria.

Stando ai dati forniti dalla Corte dei conti, nel 2016 si è registrato il numero minimo di arresti eseguiti dalla Guardia di finanza, cioè 99, in tutta Italia. Da quel momento, le persone finite in manette sono aumentate fino al picco di 411 segnato nel 2021. Nel 2022, però, si è verificato un vero e proprio crollo, con gli arresti che sono scesi a quota 290, a fronte di un forte incremento delle entrate legate alla lotta all’evasione fiscale che sono passate da 13,8 a 20,2 miliardi.

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