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Ex Ilva, il ministro Urso ospite della Cgil a Bari: «L’azienda non collabora sugli aiuti all’indotto»

«Le informazioni fino a oggi trasmesse sono parziali, per esempio non è stata comunicata la composizione del debito, e se si tratti di crediti certi, liquidi ed esigibili. Ci si è limitati, in misura incompleta, a informazioni su alcune decine di imprese a fronte di qualche migliaio». Così, parlando della questione relativa ai debiti che l’ex Ilva di Taranto ha con le aziende dell’indotto, il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, intervenuto in video collegamento a un convegno della Cgil di Bari sul tema “Innovazione, ricerca e formazione per trascinare buona occupazione e competitività del sistema delle imprese”.

Il ministro ha sottolineato che «l’azienda a oggi non ha fornito alcuna informazione estratta dai propri database in merito alle imprese che possono utilizzare gli strumenti che abbiamo messo in campo con il decreto legge».

Urso ha chiarito che «non è così che si procede. Si procede fornendo informazioni necessarie per poter valutare il credito, altrimenti nessuno può acquisire crediti che non sono stati valutati. Ci sembra – ha aggiunto – che non ci sia stata una collaborazione dell’azienda per consentire che i propri fornitori potessero utilizzare gli strumenti che il governo ha messo in campo e che mi auguro siano convertiti in legge con il concorso costruttivo del Parlamento».

L’eventualità che l’ex Ilva finisca nuovamente in amministrazione straordinaria è, ha detto il ministro, «molto concreta» e, in questo scenario, «le aziende e i lavoratori dell’indotto dell’ex Ilva sono quelli che ci preoccupano di più».

Per Urso «il confronto tra socio pubblico e privato non sembra aver sortito la soluzione che tutti auspicavamo, che potesse garantire la continuità produttiva e il rilancio del sito siderurgico, e quindi la salvaguardia di un asset fondamentale non solo per la siderurgia italiana, ma per l’industria manifatturiera del nostro Paese». Urso ha chiarito che se quest’ultima esiste «ed è fiorente, è perché a monte c’è un’industria siderurgica italiana, che dobbiamo salvaguardare e rafforzare, perché attraverso il Mediterraneo potrà crearsi una filiera siderurgica che potrà essere competitiva in Europa. Ci stiamo lavorando, sui progetti che riguardano Piombino, e mi auguro che riguarderanno anche l’ex Ilva di Taranto».

Lunedì pomeriggio, intanto, «avremo sia l’incontro con le aziende dell’indotto sia con i sindacati metalmeccanici con i quali abbiamo svolto un’interlocuzione per informare gli attori interessati al rilancio dell’ex Ilva sui passi che ci apprestavamo a fare», ha annunciato Urso. «Nel contempo – ha aggiunto – la prossima settimana inizieranno le votazioni in commissione sugli emendamenti ai due decreti integrati che riguardano Acciaierie d’Italia e soprattutto l’indotto, con i lavoratori e le aziende che abbiamo messo sotto copertura di uno strumento di cassa integrazione che spero si possa migliorare anche con il contributo delle forze politiche rappresentate in Parlamento».

Acciaierie d’Italia: «Nessun obbligo di fornire informazioni agli ispettori»

«Ribadiamo che non esiste alcun obbligo imposto alla scrivente di fornire prima, durante o dopo l’ispezione una o più delle informazioni da Voi richieste; e che altre ispezioni sono state eseguite indipendentemente dai dati forniti». Lo afferma Acciaierie d’Italia in una lettera nella quale fa riferimento a missive inviate all’azienda dopo l’interruzione dell’ispezione disposta il 2 febbraio scorso dai commissari dell’Ilva in amministrazione straordinaria per verificare lo stato di conservazione degli impianti.

L’ispezione era stata interrotta perchè, secondo quanto riferito dal team ispettivo, resa inutile dal fatto che l’azienda non aveva fornito una serie di informazioni preliminari richieste.

Nella lettera firmata dall’Ad Lucia Morselli, si fa riferimento, tra l’altro, ad una comunicazione inviata all’azienda il 13 febbraio scorso da Ilva in amministrazione straordinaria nella quale, scrive Morselli, «continuate illegittimamente a sostenere che: “in assenza delle informazioni preliminari richieste durante l’ispezione del 2 febbraio, continuare l’ispezione sarebbe stato del tutto inutile, posto che il team ispettivo non sarebbe stato in grado di verificare lo stato di conservazione degli impianti e la conformità della gestione al piano industriale concordato”.

Secondo Acciaierie d’Italia, invece, «lo stato degli impianti si verifica tramite la visita di persona agli impianti stessi e questo era l’obiettivo della vostra presenza in stabilimento» come prevede il contratto e «dunque è evidente come le informazioni richieste non siano in alcun modo conditio sine qua non per l’effettuazione dell’ispezione».

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