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Il sogno di Nicolò Carnimeo (UniBa): «Un polo per la blue economy a Taranto» – L’INTERVISTA

Un’immagine della memoria che sa di fotogramma e che rimanda alla sequenza di un film: un bambino accompagna sua nonna al mare e lei, da ex nuotatrice, entra in acqua e prende il largo; lui non la perde mai di vista. Lei poi riappare da quel blu e sulla battigia gli va incontro, lo abbraccia e gli dà un bacio al sapore di sale. Quel bimbo dagli occhi chiari di nome Nicolò Carnimeo oggi ha 55 anni e ha fatto di quella emozione d’infanzia la sua passione di vita, il mare.

Professore in Diritto della navigazione e dei trasporti dell’università di Bari, insegna nel Dipartimento jonico di Taranto; viaggia e naviga per il Mediterraneo in cerca di storie. Il suo curriculum, dopo la laurea in Giurisprudenza, è ricco di pubblicazioni scientifiche, articoli su quotidiani nazionali, reportage e inchieste sull’ambiente.

Tra le altre cose, collabora da 12 anni con la trasmissione “Linea Blu” di Rai 1, poi è parte attiva della rivista geopolitica “Limes”, è il fondatore di “Vedetta sul Mediterraneo”, l’associazione europea degli scrittori di mare con sede a Giovinazzo ed è stato inviato nei Balcani durante la guerra.

Tutto ha inizio in un tratto di spiaggia pugliese e poi, sulla scia di Marco Polo, il suo sogno è andato a vele spiegate. Quali altri ricordi l’hanno portata a voler vivere e proteggere il mare?

«Da piccolo, a 6 anni, andavo a pescare anche di notte e i miei genitori venivano a cercarmi lì. L’angolo del cuore si chiama Boschetto, una spiaggia di Rosa Marina, e lì ho i ricordi belli con mia nonna materna, di origini siciliane. Per me il mare è sfera emotiva, distacca dalla realtà, regala libertà. Quando si passeggia accanto a quella infinita distesa azzurra tutti e cinque i sensi lavorano insieme: è un carburante per affrontare la vita e crea un rapporto intenso con la natura».

Nel tempo, con i suoi viaggi tra le onde di ogni dove, come quelli nel Pacifico per esplorare la grande isola di plastica, ha pubblicato lavori d’eccezione. Il suo ultimo romanzo è “La nave di fuoco: Francesco Caracciolo, l’ammiraglio che donò il caffè a Napoli” sarà presentato oggi alle 19,30 nella corte del Castello Caracciolo di Sammichele. Un libro che sta andando “a gonfie vele”, la scelta di questo luogo calza a pennello…

«Si, sarà proprio il noto Caracciolo, uno dei più grandi uomini di mare e l’unico a mettere sotto scacco la flotta inglese di Horatio Nelson, a portare nella città partenopea il prezioso chicco di Arabica, il famoso caffè. Pagine in cui racconto un’avventura che si snoda tra la capitale del regno dei Borbone e Algeri, un libro che parla di Napoli in tutta la sua meraviglia e magia».

Napoli città di mare e lo è anche Bari. Quanto è forte il legame tra i baresi e il mare?

«Sempre di più, basta guardare ai tanti sport che si praticano: dal mio balcone di casa, sul lungomare, mi accorgo che ci siamo riconnessi a questa risorsa infinita e c’è più consapevolezza. Dobbiamo intensificare la riscoperta dei beni della cultura marittima».

Cos’altro auspica?

«Che tutte le istituzioni si attivino per una strategia della biodiversità al fine di tutelare le aree marine protette, come quella di Torre Guaceto».

Ha trasmesso la sua passione anche ai suoi due figli, di 18 e 12 anni?

«Sì, “nascondendo” loro, da piccoli, le meraviglie della montagna».

I suoi sogni?

«Viaggiare, realizzare documentari e istituire, a Taranto, un polo universitario dedicato ai Trasporti e alla Blue economy».

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