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Tari, rincari tra il 6 e il 29% per i cittadini pugliesi. Bari, Lecce e Taranto le province più colpite

Potrebbe risultare meno grave del previsto la stangata sulla Tari per i cittadini pugliesi. È quanto emerge dalle prime stime dell’Ager, l’agenzia unica per i rifiuti, all’indomani della sentenza del Consiglio di Stato che ha cancellato il cosiddetto regime degli impianti minimi per la chiusura del ciclo con tariffe calmierate imposte anche ai gestori privati.

Negli ultimi giorni, in particolare in un vertice tenuto ieri con il capo dell’Anci, Fiorenza Pascazio, il presidente Massimo Colia insieme ai delegati dei Comuni hanno esaminato l’effetto dei rincari calcolato sul surplus per ognuno dei sei impianti interessati dalla sentenza che ha cancellato i prezzi politici sconfessando l’Arera, l’agenzia nazionale di riferimento non abilitata a stabilirli dai giudici amministrativi. Secondo i primi calcoli l’incidenza degli aumenti, oscilla dal 6 fino al 29% in più sui costi di conferimento addebitati ai Comuni, ma che poi si riflettono direttamente sui cittadini sulle voci di costo della bolletta Tari.

Bari, Taranto e Lecce saranno le province più colpite, mentre Bat, Foggia, e Brindisi subiranno lievi rincari fino ad un massimo del 9,5%.

Nel frattempo si corre ai ripari per alleggerire l’effetto del ritorno delle tariffe a prezzi di mercato. Ieri il sindaco di Lecce Carlo Salvemini, delegato nazionale per i rifiuti dell’Anci, ha incontrato, nel Ministero dell’Ambiente, il capo dipartimento Laura D’Aprile per affrontare il tema.

«Abbiamo evidenziato – ha detto Salvemini – l’impatto pesantissimo che la stessa sentenza determina sui Comuni pugliesi che saranno chiamati a riconoscere ai gestori degli impianti adeguamenti tariffari per il periodo 2017-2023 di oltre 60 milioni di euro, con impatti su famiglie e imprese. Abbiamo precisato che le conseguenze saranno a breve vissute anche dai Comuni di altre regioni, con altrettanti impatti sociali rilevanti, sottolineando che questo scenario è particolarmente delicato in una fase che vede le comunità del Sud fortemente impegnate a migliorare le capacità di raccolta differenziata, che rischiano di essere compromesse in futuro perché non percepite come convenienti. Abbiamo sollecitato un intervento normativo o regolatorio per calmierare i costi degli impianti e per contenere questi impatti negativi su famiglie e imprese. Il dialogo è partito. Altri passaggi saranno necessari per arrivare all’obiettivo».

Il centrodestra pugliese, invece, soffia sul fuoco ed inchioda la giunta Emiliano alle sue responsabilità. Ieri il gruppo regionale di Fratelli d’Italia ha incontrato gli amministratori e i consiglieri comunali del partito di Lecce, Taranto e Brindisi lanciando un appello ad «affrontare con serietà la problematica dell’aumento sconsiderato della tassa rifiuti. Il tema è caldissimo: le amministrazioni saranno costrette ad adeguare i piani economici e finanziari dei rifiuti e di conseguenza far ricadere tutti i costi degli aumenti delle discariche sui cittadini. Aumenti che andranno dal 30% in più nei migliori casi fino al 60% in quelli più drammatici. Anche in quei Comuni dove la raccolta differenziata è oltre il 70%, un paradosso autentico vista la promessa del governatore Emiliano di far pagare meno a chi differenzia meglio. Per un cittadino pugliese una tonnellata di frazione di umido costa il 15% in più di una tonnellata di indifferenziato, quindi chi fa bene la raccolta si carica un costo superiore rispetto a chi non divide i rifiuti. Questa è la Puglia che non ha mai dato seguito alla costruzione degli impianti pubblici e ha lasciato i conferimenti nelle mani dei privati, che oggi chiedono aumenti senza precedenti ai Comuni».

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