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Verso le Comunali del 2024, parla Pino Pisicchio: «Le primarie? Una follia Non si vince senza centro»

«Le primarie? Sono la certificazione dell’impotenza dei partiti e il centrosinistra farebbe bene a evitarle»: non usa giri di parole Pino Pisicchio, deputato ed europarlamentare barese di lungo corso oltre che ordinario di Diritto pubblico comparato, nell’analizzare lo scenario politico in vista del 2024, quando si voterà per rinnovare i Consigli comunali di Bari, Lecce e Foggia oltre che il Parlamento europeo.

Partiamo da Bari. La destra è pronta a convergere su Melchiorre, la sinistra cerca un equilibrio: che cosa ci aspetta?

«La strada è lunga e irta di ostacoli. Per il momento le coalizioni stanno prendendo le misure. Il centrodestra ha la possibilità di coagulare il consenso in maniera meno complessa: non so se la candidatura a sindaco di Melchiorre resisterà, ma di certo il centrodestra convergerà su un nome per sfruttare l’onda lunga del successo alle elezioni del 2022. Più difficile è capire che cosa succede a sinistra, dove resistono diverse anomalie. Michele Emiliano, per esempio, ha dato un’interpretazione “creativa” del Pd allargando il partito non solo a sinistra, come nelle intenzioni della segretaria Elly Schlein, ma addirittura a destra e saltando il centro. Il centrosibnistra deve inventare un po’ tutto, ma l’importante è che non faccia le solite follie».

Cioè?

«Le primarie, per esempio, utili soltanto a certificare l’incapacità dei partiti di compiere scelte strategiche condividendole con gli alleati. Anzi, le primarie un altro scopo ce l’hanno: quello di garantire uno strapuntino a candidati di bandiera o a chi vi partecipa pur nella consapevolezza della sconfitta. E poi le modalità di voto delle primarie fanno acqua da tutte le parti, visto che le operazioni possono essere inquinate dalla partecipazione dei non iscritti a quel partito o a quella coalizione. Anziché celebrare le primarie o tentare di inglobare pezzi di destra a tutti i costi, la sinistra dovrebbe ricordare che le elezioni non si vincono senza il centro».

Non basta il campo largo, cioè l’alleanza di Pd con M5s e civici, di cui Emiliano è sostenitore?

«“Campo largo” è un’espressione ipnotica che vuol dire tutto e niente. A livello nazionale, il Pd sa di non poter vincere senza il M5s. Tanto alle regionali quanto alle comunali, invece, al Pd non serve un accordo col M5s che a livello locale non riesce a intercettare il voto di opinione e a recuperare così preferenze. Ripeto, si vince al centro».

A Bari l’avvocato Michele Laforgia sembra intenzionato a candidarsi per il centrosinistra senza passare per le primarie: ci riuscirà?

«Se vuole evitare le primarie, Laforgia, professionista di grande qualità, dovrà candidarsi autonomamente e dimostrare di avere un consenso sufficiente. A prescindere dai nomi, però, mi lasci dire una cosa».

Prego.

«A Bari serve un sindaco con una visione. È una città meravigliosa che gode di una posizione geografica strategica, ma dal punto di vista culturale presenta solo contenitori vuoti. A che cosa servono due esposizioni l’anno nel teatro Margherita? E perché il Mercato del pesce non viene sfruttato meglio? La Fiera del Levante è morta e sepolta: perché non è stata trasformata nel più grande centro congressi dell’Italia meridionale? E perché non si valorizza l’Università attivando un centro di formazione dei funzionari della pubblica amministrazione per l’intera area mediterranea?».

Decaro ha fallito?

«È un sindaco dignitoso e presente che non lascia Bari in condizioni peggiori di quelle in cui l’aveva ricevuta. Adesso, però, bisogna andare oltre dimostrando capacità di immaginare il futuro».

E se si approvasse la legge sul terzo mandato?

«Il terzo mandato non si farà. Si dà per scontata l’approvazione della legge sul ripristino dell’elezione diretta dei presidenti delle Province, ma in Parlamento il ddl non è stato ancora incardinato e manca un relatore. Figuriamoci se, in meno di un anno, le Camere riusciranno ad approvare la legge sul terzo mandato che, tra l’altro, dovrebbe valere sia per i sindaci sia per i presidenti di Regione».

E quindi che ne sarà di Emiliano e Decaro?

«Secondo me puntano entrambi alle europee, ma per entrambi sarà difficile essere eletti: a Bruxelles si viene eletti con voto di preferenza e nel Pd, storicamente, i candidati campani prendono più voti dei pugliesi».

Le elezioni riusciranno almeno a rinnovare la politica pugliese?

«Un tempo c’erano i partiti all’interno dei quali si formava una classe dirigente che veniva poi selezionata dal partito stesso e dal voto popolare. Oggi i partiti non esistono più, il personale viene selezionato attraverso meccanismi di cooptazione e il sistema politico è chiuso e autoreferenziale: quale rinnovamento vuole che ci sia?».

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