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Osservato al Cern il “dead cone”, fenomeno previsto 30 anni fa. La ricerca dei fisici baresi

È stato osservato al Cern un fenomeno fisico previsto 30 anni fa: si chiama “Dead Cone”, cono morto, e riguarda la teoria chiamata cromodinamica quantistica, della quale aveva gettato le basi il fisico Nicola Cabibbo e che spiega il comportamento delle particelle soggette all’interazione forte, ossia alla forza che lega fra loro i quark nei protoni e nei neutroni che formano il nucleo degli atomi. Possibile grazie a un rilevatore costruito in Italia e utilizzato nell’esperimento Alice del Cern, il risultato è stato pubblicato sulla rivista Nature.

Vi hanno collaborato il dipartimento Interateneo di Fisica dell’Università di Bari, del Politecnico di Bari e della sezione di Bari dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn). Il rivelatore a pixel di silicio, è posto nella zona più interna dell’esperimento.
«L’effetto Dead Cone era previsto da oltre 30 anni, ma era sempre stato estremamente difficile osservarlo», dice Giuseppe Bruno, professore associato al dipartimento Interateneo di Fisica M. Merlin. «Si chiama “cono morto” perché non avviene emissione di altre particelle lungo un piccolo cono posto attorno alla linea di volo di una carica forte o di colore, se questa è dotata di massa. Noi abbiamo costruito nei nostri laboratori e mantenuto in funzione al Cern questo rilevatore al silicio, che è posto nella zona più interna dell’esperimento, dove sbattono i protoni accelerati da Lhc», ha detto ancora.

«Sono i rivelatori più leggeri e precisi – evidenzia – sviluppati con tecnologie simili ai sensori delle macchine fotografiche digitali. Negli ultimi anni ne è stato costruito uno nuovo e più performante, l’Its2 di Alice, che sta iniziando a prendere dati in questi giorni e lavorerà per un decennio, ma stiamo già pensando ad un nuovo esperimento che prenderà dati dal 2035 in poi. La tecnologia sviluppata in questa ricerca ha ricadute anche a stretto giro. Costruiamo questi rivelatori per studiare la fisica di base, ma -conclude Bruno – poi li ottimizziamo ed adattiamo per applicazioni pratiche quali ad esempio per la fisica e la diagnostica medica». (ANSA)

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