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Negli scatti di Carlos Solito i siti Unesco di Puglia e Basilicata: «La nostra luce ora incanta la Cina»

Fino al 20 maggio, per la prima edizione della Biennale del Patrimonio Mondiale Unesco 2023 Italia-Cina, nella scenografica cornice delle montagne fluttuanti del Parco Nazionale di Zhangjiajie (Avatar), ChinaMuseum International, il cuore pugliese di Carlos Solito, scrittore, firma di quotidiani e magazine nazionali, fotografo e regista, batte per la grande emozione. Nella sua mostra fotografica “Datevi Pace” il racconto a dei Patrimoni Mondiali dell’Umanità italiani in cui ci sono i siti Unesco pugliesi e lucani materiali e immateriali: dalle faggete della Foresta Umbra al Santuario di San Michele Arcangelo, da Castel del Monte ai muretti a secco e la transumanza.

Un pugliese lontano da casa quali visioni conserva della sua terra?

«La Puglia è la terra della Luce. La luce di Vittorio Bodini, di Maria Corti, di Carmelo Bene attraverso la quale, soprattutto nella controra, accadono allucinazioni, apparizioni, svelamenti. Visioni, nelle quali intingere ogni narrativa possibile. Scritta, filmata, fotografata. Personalmente, ovunque sia nel mondo, non posso fare a meno, quando contemplo un’alba o un tramonto, di ricordare le prime luci sul faro di Punta Palascìa che ultimamente ho narrato nella nuova edizione della Guida Verde Salento del Touring Club Italiano. O le spade di luce che penetrano le caverne delle Cipolliane, verso il Fiordo del Ciolo, la cui forma dell’ingresso ricorda quello di un miocardio quasi fosse un Sacro Cuore trafitto. Gli ulivi contorti dai secoli di Masseria San Domenico a Fasano che sembrano creature del bestiario romanico e barocco delle nostre ardite cattedrali. Ma anche le ombrose atmosfere tolkieniane della Foresta Umbra sul Gargano: una selva nordica cinta dal Mediterraneo».

Queste come si trasformano in arte?

«Noi non siamo in ciò che siamo ma in ciò che ci manca”, sempre il profetico Carmelo Bene. Tutto della Puglia, ogni giorno, a ogni latitudine, mi manca, tanto mi manca. E per celebrare l’ossimoro di una restanza a distanza celebro tra me questo rituale: scorgo dettagli, da quelli megalitici a quelli più insignificanti, finanche profumi e sapori, per riconoscere nel mondo il mio paese. O illudermi che sia così perché in questo intimo e lontano dialogo con la mia terra – dal Gargano alla Murgia, dalle Gravine del tarantino al Salento – esplora ogni possibilità per veicolare tutta la forza creativa sprigionata dall’emozione della mancanza. Per fare arte, occorre proprio questo: il vuoto in petto, in pancia, sotto i piedi. Attraversiamo il tempo che ci tocca sognando di colmare le nostre voragini interiori: tenera illusione, vani tentativi, innocente incoscienza grazie al cielo. Non ci riusciremo mai!»

Parliamo della mostra e della sua eco internazionale.

«”Datevi Pace” come le altre mostre di questa prima Biennale del Patrimonio Mondiale Unesco in Cina, riflette sulla ricchezza dei tesori italiani registrati nella World Heritage List, inserendosi nella serie di esposizioni fotografiche internazionali “Identità e tempo”. Articolata negli spazi urbani e carsici della città di Zhangjiajie, nella primordiale e scenografica cornice delle cosiddette “montagne fluttuanti”, le circa 70 opere sono una selezione di immagini dell’incredibile ricchezza dei 58 beni culturali e naturali del Bel Paese che, tra l’altro, detiene il maggior numero di siti nella lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità».

L’Arte può aiutare la Pace. Il suo titolo raddoppia questo concetto volutamente?

«Qualche giorno fa il nostro Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha dichiarato che l’Europa deve saldare la sua unità attraverso la cultura. La stessa è il miglior humus nel quale giganteggiano il dialogo, l’accoglienza, l’apertura al mondo, la conoscenza. Il titolo della mostra, volutamente scelto in questo periodo crepato dall’insensato conflitto in Ucraina, è – appunto – un invito a costo zero a darci pace per fare il paio e il pieno con ciò che attorno a noi recita eremiticamente lietezza, calma, sinfonia. Dalla natura primordiale alle porte di casa ai monumenti e le opere d’arte dei nostri centri urbani, magari curiosando la nostra personale lista Unesco del Patrimonio Mondiale dell’Umanità. L’arte è riservarsi pericolosamente del tempo senza bugie, per creare impunemente l’incontro con la parte più bambina, autentica e pura che ci abita, per concepire, al di là delle nebbie e delle notti di guerra, la meraviglia delle albe e dei tramonti, ma anche della controra e del Rinascimento che sento appartenermi, appartenerci. Proprio come la caotica esplosione stellare che dà forma ai nostri giorni».

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