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Il convivente deve depositare le dichiarazioni dei suoi redditi nel giudizio di divorzio del compagno!

Un recente provvedimento del Tribunale di Latina (I Sez. Famiglia) del 2 maggio del 2022, nell’ambito di un procedimento di cessazione degli effetti civili del matrimonio, con una ordinanza nel corso del processo, ha disposto che entrambi i divorziandi depositino “gli estratti dei conti dei libretti bancari e postali intestati o cointestati alle stesse o intestati alle persone fisiche o giuridiche ad esse riconducibili nonché documentazione contrattuale relativa a finanziamenti, carte di credito, carte di debito, polizze assicurative relative al periodo dal 1 gennaio 2020 alla attualità. Dispone che le parti depositino le dichiarazioni dei redditi inerenti agli anni di imposta 2020, 2021 e 2022” La prima parte del provvedimento è assolutamente nella normalità e prassi del processo. Il Giudice vuol vederci chiaro sulle relative posizioni delle parti e, quindi, sui redditi sia da lavoro sia da rendite mobiliari o immobiliari e quindi comprendere, senza che il terzo soggetto debba ricorrere ad agenzie investigative o difficoltoso rinvenimento di documentazione conservata negli anni di convivenza, con il rischio di una denunzia per violazione della privacy, qual è la patrimonialità complessiva della moglie e del marito. Questo al fine di meglio stabilire l’assegno di mantenimento che nel caso in questione la moglie chiedeva in misura maggiore rispetto a quello stabilito nel procedimento di separazione consensuale. Quindi un provvedimento articolato ma che ovviamente è nella norma, quanto trattasi di richiesta di esibizione nei confronti delle parti processuali. Ma il provvedimento conclude con un’ innovativa richiesta (forse è uno dei primi casi conosciuti dei nostri Tribunali) nei confronti di un terzo soggetto. Il giudice, infatti ordina alla Signora Tizia il deposito delle dichiarazioni dei redditi inerenti gli anni 2020, 2021 e 2022. La Signora Tizia è la nuova convivente del marito della ricorrente, con la quale ha anche avuto un altro figlio. Quindi l’ordine è rivolto ad un terzo che però non è parte del processo, non vi ha nulla a che vedere se non per scomoda situazione di nuovo partner. Non è, attenzione, un ordine rivolto ad una banca o ad un ufficio pubblico od ad privato di esibire dichiarazioni o documenti inerenti al stessa parte processuale. Viene in mente l’ordine di esibizione nei confronti delle banche degli estratti conto degli ultimi anni di uno dei due coniugi oppure l’ordine sempre nei confronti delle banche di indicare quali sono gli investimenti, il conto titoli di uno dei due coniugi. Il tutto per ricostruire la patrimonialità dei separandi o divorziandi. Oppure, ancora l’ordine nei confronti del datore di lavoro di dichiarare quali sono gli emolumenti straordinari (premi produzione etc.) che sono stati corrisposti, l’ammontare del Trattamento di fine rapporto. Tutte queste sono situazioni normali che abbiamo sempre visto nel corso dei procedimenti di attinenti il diritto di famiglia. Ma in questo caso si va aldilà e ci si chiede fino a che punto è legittimo tale salto. Si chiede di conoscere quali sono i redditi di un terzo soggetto che non è parte del processo e che indirettamente subisce il processo perché ovviamente l’aumento dell’assegno di mantenimento richiesto dal coniuge avrebbe come conseguenza un impatto sul suo tenore di vita, posto che ha costituito famiglia con un nuovo figlio con uno dei due coniugi del processo. Il giudice in buona sostanza vuole ricostruire non solo la patrimonialità dei coniugi per comprendere se questo assegno debba essere aumentato ma, addirittura, vuole ricostruire la patrimonialità del terzo. Le indagini possono certamente procedere d’ufficio su più campi magari per ricostruire un patrimonio fittiziamente intestato a terzi ma qui stiamo invadendo anche la privacy di un terzo soggetto costretto a far conoscere i fatti propri. Il convivente potrebbe fare un’ opposizione, cosìdetta del terz, all’ordine di esibizione anche perché i suoi documenti reddituali non possono essere presi ed esibiti nel processo dal coniuge convivente, in quanto anche in questo caso, lui farebbe una violazione della privacy. Invece, è proprio il terzo cui è rivolto l’ordine del giudice, a doverlo fare. A questo punto se la finalità del giudice è ricostruire la patrimonialità del terzo per comprendere quale è il tenore di vita del marito a cui si chiede un assegno di mantenimento più elevato, dovrebbe conoscere non solo i redditi ma anche le passività. Quindi, il terzo dovrebbe essere messo nelle condizioni di poter documentare i propri finanziamenti, il mutuo ipotecario, le obbligazioni nei confronti dei terzi, l’esistenza di altri figli, le proprie condizioni di salute e spesa legate ad essa e tutta una serie di situazioni. Dovrebbe in buona sostanza intervenire nel processo depositando la documentazione completa od anche chiedendo di essere ascoltato dal giudice ed a che titolo?

E’ un provvedimento, quello in parola, molto particolare che offre molteplici spunti. Sicuramente c’è il diritto della parte di difendere i propri interessi nel processo ma anche quello del terzo che non può subire un’ invasione a spada tratta della propria vita finanziaria. Se per esempio il convivente ha subito espropriazioni, pignoramenti del quinto etc..si verrebbero a sapere fatti che magari ha omesso di riferire anche al proprio partner.

Si ritiene che nella ipotesi in parola si faccia una estrema forzatura all’esenzione del diritto alla privacy per la difesa processuale.

Ed ancora se il terzo non adempie cosa succede? Il giudice, oltre a comminare eventuali sanzioni, potrebbe avvalersi della Guardia di Finanza per fare indagini patrimoniali sul convivente così come si orienta nei confronti dei coniugi quando ci sono discrasie o mancanze di documentazione finanziaria? Una vera forzatura.

Vedremo poi se i tribunali italiani si rifaranno a questo provvedimento innovativo.

E qui gli scenari che si aprirebbero sarebbero davvero molto molto ampi ed interessanti.

Cinzia Petitti è avvocato e direttore della rivista www.dirittoefamiglia.it.

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