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La geopolitica e l’ecologia, parla il generale Ippoliti: «Le filiere della sostenibilità sono diventate strategiche»

«È importante riuscire a studiare le relazioni tra nazioni per poterne gestirne gli equilibri. Oggi il controllo sulle risorse del pianeta è particolarmente strategico». Così spiega Francesco Ippoliti, generale dell’esercito e direttore del master II livello di Geopolitica e Metodi di Analisi che partirà a ottobre all’università Lum School of Management di Milano.

Generale, come sono cambiati gli equilibri geo politici negli ultimi anni?

«Il periodo pandemico ha profondamente modificato le catene globali di fornitura che, attualmente, sono il principale focus strategico delle potenze mondiali. Le filiere sostenibili sono una leva per la tutela degli interessi commerciali nazionali, di questo si sta prendendo piena consapevolezza».

È il rovescio della medaglia della globalizzazione?

«Certo. Quando parliamo di approvvigionamento delle materie prime, di catena di lavorazioni trans-nazionali o semplicemente di forniture sostenibili facciamo sempre e comunque riferimento alla politica mondiale. Il principio della globalizzazione, che sino ad ora si era basato su rapporti tra governi stabili, perché tra nazionali legate da una politica estera comune, oggi è fortemente in discussione. La pandemia ma soprattutto la guerra in Ucraina ha portato alla luce i punti deboli delle relazioni tra governi».

Come si inserisce il concetto di geopolitica?

«È l’unica scienza attualmente capace, di individuare punti critici e punti di forza nelle relazioni tra Stati tramite un attento studio delle relazioni, degli accordi e dei potenziali interessi economico- culturali».

Quali sono al momento le aree che meritano maggior attenzione?

«Le catene di fornitura regionali aiuteranno verosimilmente a ridurre il carbon footprint generato. Questo cambierà le dinamiche geopolitiche. È anche vero che siamo un Paese, e allargando il concetto, un continente che importa la maggior parte delle materie prime. Adesso gli occhi sono tutti puntati sull’Africa in primis e sul Sud America in seconda battuta. Nello specifico mi aspetto un coinvolgimento politico decisivo dell’Africa che al momento risulta il continente con maggior risorse economiche ma è un luogo inaccessibile a causa di conflitti interni destabilizzanti in alcuni casi anche pilotati Russia e Cina hanno già intuito il potenziale del continente e da tempo interagiscono con i governi locali. Il problema dell’Africa tuttavia è la carenza di energia elettrica per questo motivo ci sono già accordi per la fornitura di energia tramite la costruzione di centrali».

Come si inserisce in questo concetto la sostenibilità?

«La sostenibilità è una sfida globale e come tale richiede “un sentire” globale. Al momento tra gli Stati sussistono due forze contrapposte: alcuni spingono verso l’utilizzo dei prodotti green, perché ne vedono anche un’opportunità, altri frenano. Questo è un grosso limite per la stabilità politica. Consumare in modo sostenibile è importante ma è necessario capire come ci arriviamo. La geopolitica e in parte anche la finanza sono degli ambiti di azione importanti per raggiungere tale obiettivo».

Cosa si aspetta dalla politica nazionale?

«Nei prossimi mesi verrà reso noto il Piano Mattei con l’obiettivo di coinvolgere le nazioni africane in un piano congiunto di gestione delle risorse e di uno sviluppo sostenibile. Sarà un passaggio molto importante».

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