Home Diritto & Economia Ma la legge sull’affidamento condiviso funziona?

Ma la legge sull’affidamento condiviso funziona?

Sono passati sedici lunghi anni dall’ entrata in vigore della legge n. 54/2006 c.d. sull’affidamento condiviso dei minori.

Cosa abbiamo imparato in questi anni?

Poco o niente” penseranno alcuni genitori coinvolti in stressanti cause giudiziarie o, fuori dai Tribunali, alle prese con l’ applicazione di un regime, pure concordato, ma che all’atto pratico si rivela giorno dopo giorno pieno di ostacoli: messaggi continui con l’altro genitore (whatsapp   spesso diventa un’arma a doppio taglio), recriminazioni anche futili, braccio di ferro per ore in più o meno con i figli, litigio su ogni cosa (dalla scelta del medico o della scuola,  al colore del vestito da comperare…).

“Molte cose” penseranno, invece,  quei genitori che riescono a gestire un affidamento condiviso anche con un collocamento alternato dei figli infrasettimanale o settimanale, con azzeramento (o quasi nel caso di disparità reddituale dei genitori) dell’assegno indiretto di mantenimento.

“Difficile a dirsi” dichiareranno  i giuristi, ricordando i tanti processi di separazione trattati ed i casi più difficili da districare che si alternano a quelli che, al confronto, appaiono una passeggiata.

Eppure la loro memoria, quella degli avvocati,  non può non tornare indietro nel tempo quando i tribunali si trovavano con una patata bollente, quella di dovere  applicare la nuova legge e scardinare il consolidato sistema.

Ed ecco che allora non si poteva non osservare come la scrivente che : “Le prime applicazioni giurisprudenziali, all’indomani dell’ entrata in vigore della legge sull’affidamento condiviso, da subito hanno messo in evidenza numerose e serie problematiche interpretative della stessa legge. Alcuni tribunali, invero, nell’immediata entrata in vigore della legge non ne danno applicazione, restitii ad abbandonare il più consolidato istituto giuridico dell’affidamento esclusivo rispetto al condiviso che, assimilato all’affidamento congiunto del vecchio codice civile, trova difficoltà a decollare. Pertanto, viene ancora  negata l’applicazione di un regime di affidamento condiviso per le ragioni più varie: dalla distanza tra i due domicili dei genitori, all’alta conflittualità esistente tra di loro, alla ostilità del minore nei confronti del genitore”.

Il diniego, quindi, non si giustificava  unicamente, come attualmente,  con l’accertamento di una condotta e/o situazione del genitore, escluso dal regime di affidamento condiviso, pregiudizievole all’interesse del minore.

 Dopo il primo timido approccio alla nuova legge, tuttavia, tutti i Tribunali italiani iniziarono ad applicare il regime di affidamento condiviso come regola e quello esclusivo come eccezione.

Ma si registrarono strane diverse interpretazioni dell’affidamento condiviso stesso, o meglio del suo contenuto, all’atto della regolamentazione delle modalità di frequentazione del genitore non collocatario.

Ed, invero, i Tribunali, ma solo quelli più restii a vedere la portata innovativa della legge, disponevano sulla carta “l’affidamento condiviso del minore ad entrambi i genitori con collocamento preferenziale presso ….”.  Ma, all’atto di regolamentare le modalità di frequentazione, si rifacevano pari pari al vecchio sistema del diritto di visita, limitando gli incontri con l’altro genitore ai classici due giorni a settimana e fine settimana brevi (dal sabato) alterni, se non addirittura con esclusione del pernottamento per i figli di tenera età.

Altri Tribunali, invece, da subito,  cercando di interpretare in maniera innovativa e più libera la normativa, arrivavano a disporre un affidamento condiviso disciplinando pari tempi di permanenza di ciascun genitore presso i figli sì da ricalcare il contenuto proprio del tanto bistrattato e non applicato affidamento alternato.

La c.d teoria della conservazione del nido portò anche ad ipotizzare un’ alternanza dei genitori presso il domicilio dei figli, la ex casa coniugale in buona sostanza.

Nel tempo, poi, si iniziò a comprendere che il nuovo affidamento doveva necessariamente portare nella vita del minore la maggiore presenza del genitore non collocatario, riconoscendo la possibilità a quest’ultimo, qualora richiesto, anche di incontrare e tenere con sé ogni giorno il minore o, come di sovente giustamente tutt’oggi accade, disponendo un fine settimana lungo di frequenza, dal venerdì al lunedì mattina per esempio, una settimana nel periodo di natale, financo un mese e mezzo nei periodi estivi.

La giusta interpretazione della norma è quella di non considerare rigide le modalità di frequentazione e di adattarle alle diverse esigenze dei minori stessi e dei genitori. Ciò onde evitare che la regola dell’ affidamento condiviso rimanga vuota di contenuto.

Nei provvedimenti sempre più spesso ricorre la clausola “incontri tendenzialmente liberi del genitore non collocatario..si prevede in caso di disaccordo il seguente calendario ..”

Perché se l’affidamento condiviso nasce dalla esigenza di assicurare pari esercizio di responsabilità ai genitori, tanto nella vita ordinaria del minore tanto nelle scelte di maggiore interesse, se la frequentazione di un genitore con il figlio fosse limitata esageratamente, si rischierebbe di fatto di escludere il non collocatario dalla sua vita.

E solo partecipando alla vita quotidiane del figlio che un genitore può rendersi conto dei suoi interessi, delle sue necessità ed esercitare il ruolo.

Con la conseguenza che, non di rado, nei provvedimenti dei nostri Tribunali si è arrivato a disporre o recepire  progetti di affidamento condiviso presentati  dai genitori  congiuntamente (nel caso di procedura promossa a firma congiunta) o disgiuntamente (nel caso di procedimento contenzioso)  che prevedono coinvolgimento quasi quotidiano del  non collocatario.

Dall’ accompagnamento  a scuola del figlio, alla guida in alcune  attività scolastiche ed in quelle extrascolastiche etc.

E’ finita l’era del genitore del fine settimana!

Così come nell’ipotesi di residenza in città diverse  dei genitori si sono iniziati giustamente a riconoscere più ampi periodi di frequentazione del genitore lontano dal domicilio del minore nel periodo estivo (“dal 15 giugno al 15 settembre di ciascun anno  con il genitore non collocatario ad eccezione di un periodo di quindici giorni da trascorrere con il collocatario”), per esempio, o nei   periodi di sospensione scolastica invernale, nonché nei ponti vari.

E nei periodi di lontananza imposti dai provvedimenti  collegamenti quotidiani e per fasce orarie con i nostri nuovi tanto amati mezzi informatici.

Collegamenti che se non rispettati senza giustificato motivo possono portare anche ad ammonimenti da parte del Giudice.

Purtroppo, la legge ed i Tribunali non possono intervenire nel processo di responsabilizzazione di quel genitore che non voglia esercitare a pieno il suo ruolo.

Per cui, se da un lato la norma viene incontro al desiderio di quei genitori che, pur non vivendo con i figli, vogliono fare pienamente parte della loro vita, prevedendo anche delle forme di tutela dagli eventuali abusi del genitore collocatario (ved. le sanzioni e gli ammonimenti di cui all’art 709 ter cpc), dall’altro, nulla può fare per un genitore che non abbia interesse a svolgere il proprio ruolo e che non intenda farsi coinvolgere più di tanto.

Esercitando il suo ruolo con il minimo sindacale che lo metta al riparo da azioni penali o risarcitorie nei suo confronti (c.d danno da deprivazione parentale).

Purtroppo, non è la previsione di un affidamento condiviso od esclusivo a potere sanare le situazioni di grave conflittualità tristemente frequenti  (quantomeno nei primi tempi di separazione tra i genitori, in quella fase di crisi acuta che, salvo casi patologi,  tende poi, più o meno brevemente, a rientrare).

La legge tuttavia è sicuramente venuta incontro, con il suo sistema anche di sanzioni degli abusi da parte del genitore e delle violazioni al regime di affidamento, alla tutela del rapporto genitore-figli, che nel vecchio regime giuridico non veniva adeguatamente prevista.

Non sono stati rari i provvedimenti, invero, che in caso di grave violazione da parte di un genitore al regime di affidamento condiviso, con l’adozione per esempio in via unilaterale di una scelta di maggiore importanza per il figlio (es. cambio di residenza), abbiano disposto il cambio di collocamento del minore da un genitore ad un altro.

La funzione della legge, tuttavia, deve sempre essere interpretata  in maniera minore-centrica e quindi non solo di tutela o rivendicazione dei diritti di un genitore nei confronti di un altro.

Perché le sanzioni che possono sì colpire il genitore inadempiente ma non possono poi diventare una punizione per il figlio che subisce le conseguenze di tali inadempienze.

Non potrà e non si deve quindi trascurare nell’ applicazione pratica  della legge di ciò che nel caso concreto possa avere effettivi negativi sul minore.

Tale cautela tuttavia non può e non deve fornire  uno scudo a quel  genitore inadempiente per sottrarsi alle sanzioni causate dalla propria condotta (quella ostativa al rapporto genitore-figlio per esempio) e, perseguendo nella stessa,   ad ingenerare nel figlio una grave avversione nei confronti dell’altro genitore.

Tanto altro avrei da scrivere e tanti casi avrei da raccontare visti in questi anni.

Nessun caso è uguale all’altro ed ognuno merita un vestito su misura che i sarti (Giudici, avvocati, Ctu, Servizi sociali) hanno il dovere di confezionare al meglio.

Cinzia Petitti è avvocata e direttrice della rivista www.Diritto§Famiglia.it

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