Home Diritto & Economia Rinnovabili, Amirante: «Serve più coraggio sull’eolico offshore»

Rinnovabili, Amirante: «Serve più coraggio sull’eolico offshore»

Programmazione intelligente della conversione in energia green, agevolare la cultura del consumo ad impatto zero, interventi politici nazionali e locali lungimiranti. Sono queste le azioni proposte da Riccardo Amirante, professore ordinario di macchine e sistemi presso il Politecnico di Bari, che con visione al di là del “mood” ambientalista, spiega come le energie rinnovabili possano dare nuovo input alla vocazione turistica del territorio, in termini sia estetico-culturale che bio-funzionali.

Professore, a che punto è la ricerca e la produzione di energia da rinnovabili in Puglia?

«È una delle prime regioni italiane per produzione di energia green. Abbiamo un consumo energetico di circa 18.000 GWh annui, molto inferiore rispetto a quello che produciamo pari a circa 36.000 GWh. Significa che esportiamo una buona quantità di energia, anche verso i paesi balcanici. Per quanto riguarda la situazione italiana, invece, il discorso cambia. Abbiamo un equilibrio nazionale in deficit, importando il 95% del gas metano utilizzato ed elettricità dai paesi europei per circa 45.000 GWh ogni anno».

Possiamo ancora migliorare quindi le nostre prestazioni?

«Certamente. Nonostante le ottime performance regionali è importante non sottrarci da questo meccanismo virtuoso e continuare a sfruttarne il vantaggio».

In che modo?

«Legare la produzione di energia da rinnovabili ai tessuti produttivi è un buon inizio».

L’agrivoltaico e l’agrisolare sono degli ottimi esempi. Come funzionano?

«Nel primo caso si tratta di sistemi integrati che vedono i pannelli solari sovrapposti al terreno agricolo, con varie geometrie possibili, mentre nel secondo si fa riferimento alla presenza di un impianto su tetti di fabbricati rurali. Il presupposto fondamentale è che le energie rinnovabili non debbano in nessun modo erodere la disponibilità di terreni destinati alla produzione e, quindi, svalutare il patrimonio agricolo. In alcuni casi si può accrescere sia il sistema produttivo che il valore economico dei prodotti. Sia per l’agrivoltaico che per l’agrisolare vige il principio secondo cui l’attività agricola non debba in nessun modo essere influenzata negativamente. In questa direzione sono stati pensati sistemi di monitoraggio delle performance dei terreni e agevolazioni per lo smaltimento di amianto, presente in molti tetti di vecchi edifici rurali».

Come ha reagito il settore a queste proposte?

«Ritengo positivamente. Certo bisognerebbe incrementare le politiche che incentivano tali iniziative. L’ultimo bando, per la promozione di interventi di agrisolare, scaduto pochi giorni fa, ha avuto una finestra di accesso di soli 30 giorni. Un tempo limitato per poter organizzare una verifica sull’accessibilità al finanziamento. Non tutti sono riusciti a cogliere l’opportunità».

A che punto è l’integrazione tra energia green e settore industriale?

«C’è ancora molto da lavorare in termini di stoccaggio dell’energia. La cultura dei sistemi di accumulo non è ancora ampiamente diffusa, soprattutto in relazione alle esigenze delle aziende energivore, che necessitano di una continuità di erogazione. Importante quindi è stimolare l’economia dell’idrogeno, intesa come possibilità di accumulo energetico».

Cosa si dovrebbe fare per dare ulteriori input?

«Come territorio pugliese dobbiamo essere propositivi sulla possibilità di utilizzare l’eolico offshore sulle nostre coste. È evidente che gli impianti non possono essere avviati senza la contribuzione della linea politica locale e regionale. Serve una chiara regolamentazione che determini la piena accettabilità. Poi c’è tutta la questione delle biomasse che andrebbero maggiormente sfruttate per la produzione di biogas e biometano».

Può fare un esempio?

«Il primo che mi viene in mente è la sansa, da intendersi come sottoprodotto dei nostri frantoi. Ne abbiamo in grandissima quantità ogni anno».

In Puglia abbiamo esempi concreti di questo tipo di recupero di materiali di scarto?

«Ne abbiamo diversi. Purtroppo non sono abbastanza perché dal punto di vista del sottoprodotto la disponibilità di sansa supera di gran lunga la capacità di utilizzo di questi esempi virtuosi presenti sul territorio. Dare un valore economico ad un prodotto che, andrebbe perso, è estremamente importante anche per rivalutare economicamente la filiera produttiva dell’olio extravergine di oliva».

Cosa dobbiamo aspettarci dalla politica?

«Sicuramente l’attuale governo potrebbe essere propenso ad un atteggiamento reazionario, magari orientato alle ricerche che riguardano le fonti non rinnovabili, ad esempio del metano. Bisognerà fare delle attente valutazioni e comprendere che, in riferimento al momento storico, questa non è la soluzione migliore. È invece il momento di mettere in campo tutte le tecnologie già mature, che sono proprio quelle delle energie rinnovabili. Oggi non parliamo più di ingegneristica attuabile ma di impianti che, progressivamente, potrebbero essere a pieno regime in pochi anni».

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