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A Mesagne Emiliano zittisce la destra ma non vede i flop della sanità locale

È bastato poco per trasformare una giornata di festa nell’ennesima bufera politica. Più precisamente, sono bastate le parole del presidente pugliese Michele Emiliano che, dopo aver tagliato il nastro del nuovo centro residenziale per le cure palliative e la terapia del dolore del presidio territoriale di Mesagne, non ha perso l’occasione per attaccare gli avversari politici.

Nei giorni precedenti, infatti, Fratelli d’Italia aveva sottolineato la contraddizione tra la scelta di internalizzare il servizio di riabilitazione offerto nel centro “San Raffaele” di Ceglie Messapica e quella di affidare a un privato la gestione dell’hospice di Mesagne. A questa osservazione Emiliano ha risposto senza esitazione: «La destra farebbe bene a tacere per non costringermi a ricordare che cosa hanno combinato». Parole in cui qualcuno ha ravvisato un riferimento, nemmeno troppo velato, alle vicende giudiziarie che in passato hanno riguardato il ministro Raffaele Fitto, ex presidente della Regione e oggi “uomo forte” di Fratelli d’Italia, e l’imprenditore Gianpaolo Tarantini, presidente della Fondazione “San Raffaele che fino a poco tempo” fa ha gestito il centro a Ceglie Messapica.

Ora l’invito di Emiliano a tacere è legittimo, per carità, ma rischia di trasformarsi in un clamoroso boomerang se si riflette su tutte le inefficienze che ancora caratterizzano la sanità pubblica pugliese. Per comprenderlo basterebbe citare gli episodi verificatisi nelle ultime settimane. Due giorni fa una donna è stata di fatto costretta a partorire sul pavimento dell’ospedale “Vito Fazzi” di Lecce. Il motivo? Nella più grande struttura sanitaria del Salento, 17 tra ascensori e sollevatori sono guasti o fuori uso col risultato che l’impianto principale, uno dei pochi in funzione e quindi perennemente occupato o fermo, non ha potuto trasportare in tempo la partoriente in sala operatoria. E non si tratta dell’unica vergogna di una sanità locale che può “vantare” anche malati oncologici costretti a vivere in un’automobile perché sfrattati e genitori rassegnati ad andare a rubare pur di pagare le cure ai figli autistici.

Al netto dei singoli episodi, lo scenario è poi caratterizzato da tempi biblici per la costruzione degli ospedali, liste d’attesa inaccettabili, pugliesi costretti a migrare verso altre regioni per godere di un’assistenza sanitaria degna di questo nome, medici e infermieri in numero insufficiente ed esposti alla violenza di pazienti e familiari tanto violenti quanto esasperati. E il futuro lascia presagire poco di buono se si pensa che gli obiettivi fissati dal Pnrr Sanità sono lontani dall’essere centrati: su 121 case di comunità da realizzare entro la fine di giugno 2026, ancora nessuna è stata attivata e lo stesso discorso vale per le 40 centrali operative territoriali previste.

Insomma, a dispetto di certe narrazioni trionfalistiche, la sanità pugliese è afflitta ancora da numerosi problemi. Vorrà dire qualcosa se persino il maggiore sindacato di sinistra e quindi vicino a Emiliano, cioè la Cgil, ha più volte denunciato i limiti dell’assistenza offerta ai pazienti pugliesi. Su questi temi il governatore farebbe bene, se non proprio a tacere, almeno a riflettere.

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