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Dal Sud un “avviso” a Meloni

Qualche analista politico storcerà il naso, ma il pur soddisfacente risultato riportato da Giorgia Meloni alle ultime elezioni europee può suonare come un campanello d’allarme. E a poco serve sottolineare il valore dei due milioni e mezzo di voti ottenuti dalla premier, amplificato da una vetrina mondiale come il G7 di Borgo Egnazia. Già, perché c’è un dato sul quale il centrodestra dovrebbe riflettere: Fratelli d’Italia è il primo partito in tutte le circoscrizioni elettorali italiane tranne che in quella meridionale, dove trionfa il Partito democratico trascinato dall’ex sindaco barese Antonio Decaro. Che cosa vuole dire? Che politiche come autonomia differenziata, blocco delle risorse del Fondo di sviluppo e coesione e stop alla Decontribuzione Sud poco piacciono all’elettorato meridionale.

È difficile, d’altra parte, dare torto a quanti vivono e lavorano nel Mezzogiorno. Lo conferma il recente rapporto Istat, dal quale emerge come, dal 2000 al 2022, i divari territoriali si siano ulteriormente ampliati con la “complicità” di fattori come invecchiamento della popolazione, spopolamento e ridotto accesso ai servizi essenziali. In generale, nel 2022 il Nord ha recuperato i livelli del 2000, mentre Sud e Centro sono ancora al di sotto. Ciò in un contesto in cui il tasso di crescita del pil pro capite di tutte le regioni italiane è inferiore a quello europeo. Significa che il Mezzogiorno si allontana ulteriormente non solo dal Nord, ma anche dal resto del continente.

Scendendo nel dettaglio, sull’intero territorio nazionale l’Istat individua 23 province economicamente molto forti. Tra queste, 21 sono al Nord e due al Centro. Nemmeno una al Sud. Anzi, zone come il Foggiano e il Materano sono classificate come molto deboli, mentre il Barese si piazza tra le aree abbastanza deboli. Le province più forti sono quelle dove, negli ultimi vent’anni, la popolazione è cresciuta di più: +9% a fronte del -3,4 registrato in quelle deboli. Ancora, nel 2022 il Sud ha perso il 4,7% della popolazione, diminuzione che al Centro-Nord non è andata oltre lo 0,3. Infine, la popolazione meridionale sembra invecchiare più velocemente, complici la denatalità crescente e l’irrobustirsi dei flussi migratori in uscita, sebbene il rapporto tra popolazione over 65 e under 14 sia del 179,8% al Sud e del 200,1% al Nord. A tutto ciò si aggiunge il fatto che, al Nord, l’accessibilità ai servizi ospedalieri è superiore alla media nazionale: emblematico il gap tra la Lombardia, dove il 75,5% dei comuni dista meno di 15 dalle strutture sanitarie, e la Basilicata, dove quella quota scende al di sotto del 15.Tanto basterebbe per ridurre il centrodestra a più miti consigli per quanto riguarda politiche come autonomia differenziata e Decontribuzione Sud. Invece niente.

Il governo Meloni ha deciso di riprendere verso l’approvazione del ddl Calderoli, destinato a spaccare in due l’Italia, l’azzeramento di una misura che, tra qualche settimana, trasformerà le buste paga dei lavoratori in autentici macigni per le imprese riducendo le prospettive occupazionali. Alla luce di tutto ciò, sono due gli appelli da rivolgere. Uno al centrosinistra e a politici come Decaro: il loro primo impegno dovrà essere quello di evitare che il Sud si allontani ulteriormente dal Nord e dal resto d’Europa. Il secondo, più che un appello, è un consiglio ai vertici di Fratelli d’Italia e Lega: facciano un passo indietro su certe scellerate politiche, altrimenti saranno gli elettori (a cominciare da quelli meridionali) a spingerli lungo la strada del declino. E la figuraccia rimediata alle europee da Matteo Salvini è un primo “avviso di sfratto”.

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