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Minacce di morte, botte e il piatto lanciato in testa: il marito di Michelle sarà processato per i maltrattamenti

Vito Passalacqua, il marito di Michelle Baldassarre, sarà processato con il rito abbreviato con l’accusa di maltrattamenti nei confronti di sua moglie, il cui cadavere è stato trovato semicarbonizzato il 9 febbraio scorso nelle campagne di Santeramo.

Ad avviare l’iter processuale è stata la pm Silvia Curione, che a dicembre scorso si era occupata della vicenda, attivando il codice rosso a tutela della donna che, subito dopo la denuncia presentata ai carabinieri, era stata ospitata in una casa rifugio del Barese. La pm ha chiesto e ottenuto che si procedesse con il giudizio immediato, saltando la fase dell’udienza preliminare, esprimendo parere negativo alla richiesta dell’imputato di patteggiare la pena.

Passalacqua, assistito dagli avvocati Maurizio Tolentino e Nicola Lanzolla, ha quindi chiesto di essere ammesso al rito abbreviato: l’udienza è stata fissata per il prossimo 5 aprile. E nelle carte del processo, si raccontano le violenze subite da Michelle, in almeno due episodi. Il primo a ottobre 2022, quando la donna aveva accusato suo marito di avere un’altra relazione. Accuse alle quali lui avrebbe reagito offendendola, minacciandola di morte e lanciandole contro un piatto. Il secondo, a dicembre, sarebbe stato molto simile al primo.

Ma sarebbe stato anche l’ultimo, perché quel giorno Michelle avrebbe preso il coraggio per denunciarlo: dopo essere andata al lavoro nello studio dentistico di suo fratello, sarebbe tornata a casa con lui, preferendo non rientrare nell’abitazione a due piani dove viveva con suo marito e che ospitava, al piano di sopra una delle due figlie.

A lei Michelle aveva telefonato per comunicare che non sarebbe rientrata. E questo avrebbe fatto scattare la reazione di Passalacqua che, dopo aver cercato di convincerla a tornare, avrebbe raggiunto la villa in campagna del cognato e, in preda alla rabbia, avrebbe preso a calci la porta bilndata, in vetro, di ingresso. L’indomani, Michelle sarebbe andata dai carabinieri a denunciarlo, ottenendo quella reazione a catena, quella successione di eventi ormai nota: il trasferimento per settimane nella casa rifugio, l’arresto (ai domiciliari con un permesso di 4 ore al mattino, 4 il pomeriggio, per svolgere le mansioni professionali), il ritorno a casa, le pratiche per la separazione, predisposte proprio il giorno in cui Michelle è morta.

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