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Sono 1.400 i progetti parcheggiati al Mase. Dall’off shore a Manfredonia all’addio del carbone

Dalla decarbonizzazione dell’ex Ilva di Taranto ai 1.400 progetti per produrre energia rinnovabile in valutazione al Mase, come quello dell’impianto eolico off-shore nel Golfo di Manfredonia. Dagli impianti dell’economia circolare in attesa di autorizzazione nel Centro Sud agli ecomostri ancora da abbattere come quello di Aspra, a Bagheria (Pa), per arrivare alle nuove aree protette che faticano a vedere la luce come quella marina Costa di Maratea e il Parco nazionale del Matese.

È l’Italia dei progetti che non partono mai o che restano sospesi in attesa che qualcuno si assuma la responsabilità di scegliere cosa fare. Accanto alla lentezza burocratica, però, c’è anche una Italia che sta accelerando il più possibile sul campo delle rinnovabili. Un segnale positivo che arriva soprattutto dal Mezzogiorno con la Sicilia che con ben dodici cantieri è quella che ne conta di più tra le regioni italiane (segue la Lombardia, dieci, e l’Emilia Romagna, nove). «Nella seconda giornata del nostro Congresso nazionale ci siamo focalizzati sui dieci pilastri della transizione ecologica e sui ritardi e gli ostacoli che ne fermano lo sviluppo.

«Ad oggi – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – ci sono ancora tanti, troppi, cantieri in attesa di essere aperti, che incontrano ostacoli normativi, burocratici, culturali e territoriali, a partire dalla rivoluzione energetica e lo sviluppo dell’economia circolare. Ad oggi il nostro Paese impiega mediamente sei anni per l’autorizzazione di un impianto eolico contro la media europea di due, mentre si accelera l’iter di autorizzazione dei rigassificatori, prevedendola in 6 mesi come a Piombino e Ravenna, e si pensa al Ponte sullo Stretto di Messina per collegare Calabria e Sicilia dove, per andare da Trapani a Ragusa, si impiegano 13 ore cambiando 4 treni regionali. Chiediamo al Governo Meloni, alle Regioni ed enti locali di cambiare rotta con politiche climatiche coraggiose e ambiziose, scelte chiare, nuovi modelli di gestione del territorio, aree urbane più resilienti. Serve una nuova stagione di riforme, con semplificazioni e controlli più efficaci, interventi non più rimandabili, per frenare la crisi climatica e i suoi effetti distruttivi sull’economia nazionale e sulla sicurezza dei cittadini. Solo in questo modo l’Italia potrà vincere la sfida della transizione ecologica, centrando gli obiettivi di decarbonizzazione indicati dall’Europa, che il Pianeta sollecita con sempre più forza».

Dal primo parco eolico off-shore del Mediterraneo inaugurato a Taranto ad aprile 2022 al futuro impianto di Catania, per passare alla Campania, dove l’eolico con i suoi impianti è una delle rinnovabili più diffuse. In termini economici, l’economia verde che conta, secondo i dati di Fondazione Symbola e Unioncamere, già 3,2 milioni di posti di lavoro.

«La transizione ecologica non rappresenta un bagno di sangue per il nostro Paese come alcuni vogliono far credere. È invece innovazione e futuro, ed esiste già in centinaia di luoghi della nostra Penisola anche con importanti leadership internazionali. Quello che chiediamo al Governo Meloni – sottolinea Ciafani presidente– è più concretezza e azioni tangibili per accelerare la decarbonizzazione dell’Italia. La Cop28 sul clima che è appena iniziata a Dubai sarà il primo banco di prova per il nostro Paese, che deve ancora eliminare i sussidi alle fonti fossili e si trova sempre impreparato di fronte alla crisi climatica. Due temi su cui l’Esecutivo deve invertire al più presto la rotta. Il secondo banco di prova è rappresentato dai tanti cantieri in corso e da quelli che si devono ancora aprire in tutta la Penisola in nome della transizione, quella vera, innovativa e inclusiva come abbiamo raccontato in questi mesi con la nostra campagna itinerante. In particolare, i primi cantieri da moltiplicare dovranno essere quelli della decarbonizzazione, mettendo al centro le rinnovabili, oggi troppo rallentate da ritardi, iter burocratici e no delle sovraintendenze, e quelli dell’adattamento alla crisi climatica», conclude il presidente nazionale di Legambiente.

Anche il tanto auspicato Pnrr non starebbe garantendo l’accelerazione necessaria. Legambiente, in particolare, punta l’indece contro la mancata approvazione del Piano per l’individuazione delle aree marittime idonee all’installazione di impianti off-shore rinnovabili. «Ritardi anche per i criteri nazionali per le Regioni per individuare le aree idonee allo sviluppo dei nuovi impianti da fonti rinnovabili – denuncia l’ associazione ambientalista – la pubblicazione delle modalità e risorse per le aste competitive al ribasso per i nuovi impianti e il Decreto per l’adozione dei Modelli Unici per la semplificazione delle istanze autorizzative per le rinnovabili, istituendo una piattaforma unica digitale per la presentazione delle istanze».

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