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Marcella Loporchio, tra le top 5 voices di LinkedIn in Italia: «Sette passi per includere»

«Sono oltre quindici anni che sostengo che le persone, indipendentemente dal genere, devono essere valorizzate per la loro unicità. Non è più il tempo degli uomini e delle donne, ragion per cui io insisto sulle persone. È la cultura che deve cambiare». Ne è convinta Marcella Loporchio, consulente aziendale e formatrice esperta di parità di genere, nonché autrice del libro “Tu non puoi capire”.

Marcella, il social network Linkedin l’ha inserita tra le cinque top voices in Italia per la parità di genere. Cosa significa per lei?

«È il punto di approdo di un lavoro che sto portando avanti da tantissimo tempo. Sono oltre quindici anni che sostengo che le persone, indipendentemente dal genere, devono essere valorizzate per la loro unicità. E il mio lavoro su Linkedin di scrittura e di condivisione ha portato a questo riconoscimento».

Un traguardo, ma anche un punto di partenza?

«Assolutamente, adesso acquisisco maggiore consapevolezza del fatto che è la strada da perseguire, per fare in modo che le cose vadano nella direzione del rispetto delle altre persone».

Come ha cominciato a occuparsi di parità di genere nelle realtà aziendali?

«Tutto nasce dal non aver mai sopportato le persone che emettono giudizi sulle altre, senza conoscerle. Ho sempre sostenuto che dovremmo iniziare ad andare verso gli altri, conoscerne le passioni e valorizzarle al meglio. Sono quindici anni che ne scrivo, ma credo in questo da quando sono nata. Oggi si parla di ambiente inclusivo e benessere dei lavoratori, ma cosa si fa veramente? Si fa tutto in serie, senza soffermarsi sulla singola persona. Se da un lato c’è la necessità di far parte di una comunità, dall’altro c’è la voglia di essere divergenti, ma per far ciò è necessario che tutte le persone si sentano a proprio agio».

A proposito di parità di genere nelle realtà aziendali, è una chimera o la strada intrapresa è quella giusta?

«Per quanto riguarda la parità di genere in quanto tale, come nazione, siamo indietro. E questo deve essere il punto base. Poi c’è, purtroppo, una grande differenza tra Nord e Sud, con quest’ultimo ancora legato a una serie di pregiudizi, stereotipi e idee difficili da sradicare. Ci sono tante aziende virtuose che hanno dei processi interni per cui, attraverso la certificazione di parità di genere, stanno sistematizzando. Ma ce ne sono anche tante altre che inseguono la certificazione solo perché serve, per esempio, per gli sgravi. È la cultura che deve cambiare».

E come si cambia?

«Si cambia se già l’8 marzo non si continua a festeggiare la donna con webinar, workshop, incontri e convegni tutti al femminile. Non è più il tempo degli uomini e delle donne, ragion per cui io insisto sulle persone. Per esempio, nella gen-Z, ci sono persone di genere fluido: come lo si spiegherà ad alcune aziende? Per questo è la cultura che deve cambiare».

Lei ha individuato sette passi per un futuro inclusivo nelle aziende. Quale crede sia quello ancora lontano dall’essere attuato?

«Già ripetere i sette passi è un ottimo punto di partenza. Devono essere promosse le politiche aziendali di ascolto, finalizzate a sapere come si vive l’ambito lavorativo. Devono essere promosse delle survey anonime, perché le persone devono sentirsi tranquille nell’esprimere ciò che sentono. Per esempio, c’è un altro fenomeno molto grave».

Quale?

«Quello delle persone che restano in azienda, non si dimettono, ma si stanno lasciando andare. Questo è ancora più grave».

Per quanto riguarda il tetto di cristallo, qual è la situazione nelle aziende?

«In questo momento il tetto di cristallo è ancora molto solido. Le donne inquadrate come dirigenti, in Italia, sono pochissime. Noi continuiamo a celebrare le prime donne nel far qualcosa, ma io spero che prima o poi questa non sia più l’eccezionalità, ma la normalità. Il gender pay gap, inoltre, continua a esistere e non si sa perché. L’unico luogo in cui c’è parità salariale è la pubblica amministrazione».

Lei di recente ha scritto un libro, “Tu non puoi capire”. Può essere una guida per le aziende?

«Questo libro è partito dal mio laboratorio nella 24Ore business school per il master full time sulla diversity & inclusion. Ma era una vita che mi sentivo dire “Tu non puoi capire”, era diventato insopportabile. Quindi, questo libro è davvero una disamina a tutto tondo sulle tematiche dell’inclusione e pratiche attuative, come dice il titolo completo del libro. Ma c’è un aspetto fondamentale, cioè la dimostrazione che l’educazione e la professionalità possano essere riconosciuti. Questo libro non avrebbe visto la luce senza Edizioni &100, una casa editrice romana che dà la possibilità a professionisti e non di pubblicare un libro. E poi ho avuto la prefazione scritta da Alessandra Servidori, una delle più grandi donne nel campo della parità di genere».

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